Etiopia, il dramma nel silenzio

di Ilario Pedrini

Tensione sempre più alta in Etiopia. Divisioni etniche, violenza, povertà. Lo stato di emergenza, dichiarato il 9 ottobre scorso per far fronte alle proteste, non è servito a nulla. «I primi disordini – si ricorda dalle pagine del Caffè geopolitico – si sono registrati nel novembre del 2015 in seguito all’espropriazione di ingenti appezzamenti di terra presenti all’interno della regione federale dell’Oromia. Quest’attività, messa in atto dal governo centrale in maniera poco trasparente, rientrava nel programma adottato nel 2014 e chiamato “Addis Abeba City Integrted Master Plan” che prevedeva un piano pluriennale di sviluppo per la capitale». L’idea era di confiscare i territori compresi tra i 40 e 100 chilometri quadrati di proprietà di circa 110.000 contadini di etnia Oromo, la cui sussistenza si basa proprio sulla coltivazione di caffè e sull’allevamento di ovini.Quello degli Oromo è il gruppo etnico più numeroso nel Paese (35% dell’intera popolazione etiope) e risiede nell’omonima regione situata nella parte centro meridionale del paese. E gli Oromo si sono ribellati al fatto che nessuna compensazione era stata prevista per loro. Alle rivolte il governo ha risposto nel gennaio del 2016 sospendendo il Master Plan ma ormai la violenza era stata iniettata come un virus, che aspettava solo di agire. I manifestanti hanno chiesto il riconoscimento dell’identità culturale e linguistica degli Oromo e una loro reale partecipazione a livello politico. Sono infatti emarginati dall’ormai lontano 1991. Al potere c’è l’élite dei Tigrini che, pur rappresentando il 6% della popolazione. Grazie al primo ministro Meles Zenawi, il movimento politico etnico del Fronte di Liberazione del Tigrè «si istituzionalizzò capeggiando una coalizione di partiti denominata Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (FDRPE). L’FDRPE è composto dal Movimento Democratico Nazionale Amara, dall’Organizzazione Democratica del Popolo Oromo e dal Movimento Democratico dei Popoli dell’Etiopia del Sud. Questi altri tre partiti rappresenterebbero ufficialmente le altre etnie nell’arena politica ma sono percepiti in sostanza come fantocci utili solo a sostenere l’egemonia dei Tigrini. Lo stato di emergenza dichiarato dal governo si è tradotto nella «chiusura degli account Twitter e Facebook che pubblicano foto e video riguardanti le proteste» e dei canali tv e frequenze radio, «come l’Ethiopian Satellite Television and Radio (ESAT) e l’Oromia Media Network (OMN), che il governo ha schedato come riconducibili alle organizzazioni terroristiche». Vietate le proteste e le manifestazioni di piazza. «È stato vietato alle rappresentanze diplomatiche straniere di spostarsi oltre i 40 km dalla capitale Addis Abeba senza un’autorizzazione ufficiale del governo per salvaguardare la loro incolumità (la misura è stata alleggerita l’8 novembre). La direttiva prevede il coprifuoco dalle 18 alle 6  in prossimità di edifici governativi e aziende straniere». Il Fronte di Liberazione Oromo, nato nel 1974, promotore dell’autodeterminazione del popolo Oromo, rappresenta «la minaccia interna più insidiosa perché – scrive Giulio Giomi – può contare anche sull’appoggio della diaspora etiope presente in particolare negli Stati Uniti e in Germania. In questi Paesi, infatti, hanno sede le radio ufficiali degli Oromo che vengono richiamate nella direttiva per l’esecuzione dello stato di emergenza». Si è quindi assistito ad una ondata di arresti. «Secondo il Ministro dell’Informazione, Getachew Reda, l’Egitto e l’Eritrea sarebbero i principali finanziatori dei gruppi terroristici interni. «Il rischio principale è che le rivolte si tramutino in una guerra civile tout court, che unita ad una delle peggiori siccità degli ultimi decenni, comporterebbe ulteriori sofferenze alla maggior parte della popolazione che vive già in precarie condizioni economiche. Il sostegno dalla comunità internazionale per una risoluzione pacifica si è limitato a sterili comunicati emessi dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti con i quali si chiedeva il rispetto dei diritti umani da parte del governo.

L’Etiopia e lo stato di emergenza

http://www.ilcaffegeopolitico.org/author/giulio-giomi

https://it.wikipedia.org/wiki/Etiopia

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/etiopia-sullorlo-guerra-civile-1295647.html

foto tratta da http://intelligencebriefs.com/ethiopian-military-officer-defects-to-the-harakat-al-shabaab-al-mujahideen-movement-al-qaedas-branch-in-somalia/

Tags:

Ads

You May Also Like

Ucraina: 23 mesi di guerra e nessun negoziato in vista. Il Punto

I bombardamenti continuano, decine di civili continuano ad essere colpiti e quasi l’intero Paese è privo di corrente elettrica

di Raffaele Crocco Sono praticamente 23 mesi di guerra, poco meno. Sono 687 giorni ...

Dietro al fuoco amazzonico

Il "Giorno dei fuochi" e le cause del grande rogo in Brasile

  di Maurizio Sacchi Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha annunciato che non ...

Il dramma Onu in Congo

Un “grande numero” di peacekeeper dell’Onu sono rimasti uccisi e feriti in un attacco ...