Europa e armamenti, tra disfunzioni e passi indietro sulla pace

Difesa europea e di riarmo: un dibattito centrale per definire l’Unione Europea del futuro e le sue priorità

Di Bernardo Venturi Peaceagency.org

Negli ultimi mesi si è molto parlato di Difesa europea e di riarmo. Un dibattito che, per quanto spesso polarizzato, è centrale per definire l’Unione Europea del futuro e le sue priorità. Allo stesso tempo, alcuni aspetti di policy e gestionali rischiano di passare totalmente in secondo piano, nonostante possano apportare cambiamenti sostanziali alle scelte politiche. Si sa, il diavolo è nei dettagli. Ecco allora qualche appunto non esaustivo sui meccanismi europei legati alla difesa e, come altro lato della medaglia, le conseguenze per il peacebuilding, la prevenzione dei conflitti e la mediazione per la pace. Queste riflessioni nascono anche grazie agli scambi e alle analisi di ENAAT ed EPLO. 

● Nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE (2028-2034) – la grande “legge di bilancio” settennale in corso di definizione – la Commissione ha allocato circa 130 miliardi di euro per la difesa e lo spazio, nell’ambito di un ampio Fondo per la Competitività. Cinque volte rispetto a quanto attualmente destinato alla difesa e allo spazio. 

● C’è poi una questione di accountability e responsabilità rispetto ai processi decisionali politici. Il ruolo di supervisione esercitato dal Parlamento europeo è limitato sui programmi relativi alla difesa. La moltiplicazione delle procedure urgenti per l’adozione della maggior parte di questi programmi limita la possibilità di un adeguato dibattito pubblico e di controllo sia del Parlamento, sia delle organizzazioni della società civile; 

● Da considerare inoltre il tema del rapporto tra Stati membri e il progetto europeo. Gli Stati ricevono enormi incarichi per la produzione bellica, ma allo stesso tempo, non voglio dare alcuna priorità all’Europa in termini di tempistiche, né entrare davvero in un’ottica di evitare duplicazioni e sovrapposizioni. Per esempio, nell’ambito del programma volto a incrementare la produzione di munizioni a sostegno dell’Ucraina (2023-2025), sia i grandi Stati membri che le grandi aziende hanno respinto qualsiasi disposizione che potesse obbligarli a dare priorità alle consegne in Ucraina o nei paesi dell’UE in situazioni di urgenza, al fine di “non perdere la fiducia dei propri clienti nelle esportazioni”. 

● In questo quadro, rafforzare la difesa europea al momento significa rafforzare le capacità belliche dei singoli Stati membri. In questo quadro, ci si dovrebbe chiedere se bilanci per la difesa al 5% del PIL possano rappresentare un futuro problemi di sicurezza interna all’UE. Si pensi per esempio a partiti di estrema destra con consenso in crescita in vari paesi dell’Europa orientale. 

● Tutto questo mentre nel Quadro Finanziario Pluriennale lo spazio per la prevenzione dei conflitti e il peacebuilding è meno chiaro e rischia di vedere riduzioni significative del budget. La poca chiarezza potrebbe portare a un decrescente impegno europeo.

In questi ambiti, con ripercussioni significative sia sulle capacità europee globali, sia sul terreno nelle aree di conflitto o a rischio crisi. Proprio in questi giorni si è tenuta a Bruxelles la Comunità di Pratica sulla Mediazione per la Pace, un appuntamento annuale per confrontarsi tra mediatori e mediatrici insieme a diplomatici e personale istituzionale. Un appuntamento che in futuro potrebbe anche non trovare più spazio. 

Mentre il peacebuilding e la prevenzione dei conflitti vengono ora definiti da alcuni funzionari a Bruxelles come “non prioritari”, è cruciale che l’UE mantenga davvero un approccio integrato e non riduca strumenti che non solo sono strategici, ma hanno anche un rapporto costo-beneficio estremamente vantaggioso. 

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