Filippine e Venezuela: indaga la Corte

La Corte Penale Internazionale si attiva per indagare sui presunti crimini commessi dalle forze dell’ordine nelle Filippine e in Venezuela. Ad annunciare le indagini preliminari la procuratrice Fatou Bensouda.

Le Filippine sono finite sul tavolo della corte per le morti connesse alla cosiddetta ‘guerra alla droga’, cavallo di battaglia del presidente Rodrigo Duterte che ha insanguinato e insanguina tuttora le strade della capitale Manila e non solo.

Dal giugno 2016 i minorenni uccisi nel corso di questa offensiva sono almeno 60. Molti di loro, secondo le testimonianze, sarebbero stati uccisi a sangue freddo.

Amnesty International era tra le organizzazioni che da tempo chiedeva l’intervento della Corte Penale. Un team di ricercatori di Amnesty International aveva visitato nell’estate del 2017 i centri di detenzione per minorenni nella capitale Manila, riscontrando sovraffollamento e mancanza d’igiene. In molti casi i racconti raccolti da Amnesty parlavano di ragazzi picchiati e torturati dagli agenti di polizia al momento dell’arresto e costretti a essere fotografati in possesso di sostanze stupefacenti.

“L’annuncio-  ha dichiarato James Gomez, direttore di Amnesty International per l’Asia sudorientale e il Pacifico – segna un momento fondamentale per la giustizia nelle Filippine e offre un po’ di speranza alle vittime delle atrocità commesse durante la cosiddetta ‘guerra alla droga’ lanciata dal governo. Siamo di fronte a veri e propri crimini contro l’umanità, rispetto ai quali le autorità filippine non hanno saputo né voluto indagare per portare i responsabili di fronte alla giustizia. Ora le vittime sperano nel Tribunale penale internazionale”.

Per quanto riguarda il Venezuela, le accuse al vaglio della Corte, riguardano gli abusi verso manifestanti ed esponenti dell’opposizione nelle proteste contro il governo Maduro  che da aprile 2017 sono costate la vita a 128 persone.

Il questo caso il tribunale esaminerà i casi in cui la polizia ha utilizzato una “forza eccessiva” per reprimere le manifestazioni e “i gravi abusi verso i detenuti”.

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