Fontana e la verità che fa male

di Raffaele Crocco*

Fontana, candidato alla presidenza della Regione Lombardia, dovremmo ringraziarlo. È l’uomo che finalmente ci ha detto la verità, ci ha mostrato quello che pensiamo. Quel suo dire durante una intervista che a causa dell’arrivo dei migranti “noi bianchi siamo in pericolo” svela ciò che abbiamo sempre saputo d’essere: razzisti.

Inutile che continuiamo la farsa. Inutile che nascondiamo il fastidio per vedere tanti “negri” arrivare dietro le questioni culturali, di sicurezza, di mancanza di posti di lavoro. Noi italiani siamo razzisti. Lo siamo tutti? No, è evidente, ma anche quelli che non lo sono, sembrano troppo pigri o menefreghisti per far cambiare rotta alla nostra anima profonda.

Siamo talmente razzisti da negare di esserlo, da dimenticare quello che abbiamo sempre fatto. Sì, perché le parole di Fontana sono in perfetta e serena continuità con ciò che facciamo da sempre. Abbiamo gasato per primi i “nemici” in Etiopia negli anni ’30. Badate bene: erano civili, uomini, donne, bambini. Avevano un problema: erano “negri”. Abbiamo pubblicato tesi aberranti sulla superiorità della “razza Italica”, inventandoci una prestigiosa rivista – ci scriveva l’ex segretario del Msi, Giorgio Almirante, a beneficio dei lettori più anziani – sostenendo che i “negri” che avevamo conquistato nel Corno d’Africa erano esseri inferiori. Talmente inferiori da impedire per legge agli italiani che abitavano laggiù di mescolarsi con la popolazione locale. Chi disobbediva finiva in tribunale.

Non vi basta? Bene: in tempi recenti ci sono gli ululati negli stadi quando un calciatore “negro” tocca la palla. Ci sono gli sgomberi forzati di chi viene a chiedere asilo. Ci sono i lager pagati in Libia per tenere i “negri” lontani. C’è una allucinante missione militare in Niger – contraria al buon senso e alla Costituzione, leggetevi l’articolo 11 – pensata per tenere i “negri” a casa loro. Non credete sia per quello? Chiedetevi allora perché – negli anni ’90 e primi 2000 – non sia stata fatta una missione militare analoga in Albania per fermare i flussi degli uomini dell’Est.

Fontana ha solo detto quello che molti, molti e davvero molti in questo Paese pensano e provano. Se un migrante viene dall’est, è bianco, ha più possibilità di un ragazzo maliano sbarcato a Lampedusa. Il colore della sua pelle è un tabù che superiamo solo se lui resta a casa sua e vive della nostra carità. Allora, diventiamo buoni e anche loro diventano buoni.

Il nero della pelle ci fa paura, molto più di quello delle camicie indossate da qualcuno. Diventiamo irrazionali, tanto da continuare a trattare il tema delle migrazioni come una emergenza. Abbiamo paura di 120mila persone arrivate in Italia nel 2017 con le barche e non ci spaventa l’idea di 180mila italiani che hanno lasciato il Paese perché non riescono a viverci. Smettiamola di prenderci i giro, il problema è serio e se qualcuno si sente offeso mi spiace: si consoli pensando che – con un po’ di fatica, intelligenza e disponibilità – dal razzismo si può guarire.

 

*Raffaele Crocco è il direttore de L’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo

foto tratta da https://www.huffingtonpost.com/marian-wright-edelman/bishop-tutus-dream_b_8089408.html

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