di Andrea Cegna dal Chiapas (Messico)
Migliaia di persone arrivate da tutto il Chiapas hanno marciato per le vie di San Cristobal de Las Casas, domenica 3 novembre per chiedere giustizia per Padre Marcelo Perez ucciso in città il 20 ottobre scorso e ricordare i 100 anni della nascita di Don Samuel Ruiz. La processione programmata dalla Diocesi di San Cristobal si è trasformata in una sorta di atto politico.
El Pueblo Creyente, movimento, nato nel 1991, che riunisce diverse organizzazioni e gruppi religiosi che rivendicano un’identità cristiana e coordinano azioni comuni per denunciare le ingiustizie e difendere i diritti dei popoli indigeni, ha letto a fine marcia un comunicato molto intenso, scritto assieme alla Diocesi di San Cristobal. Nella piazza della cattedrale di San Cristobal assieme a “Giustizia per Padre Marcelo” hanno risuonato queste parole “Da diversi anni denunciamo la situazione di ingiustizia e violenza che viviamo nel nostro Stato del Chiapas e che ad oggi continua soprattutto nelle zone di Frontera, Sierra, Soconusco, Costa, Cuxtepeques, Fraylesca, Valles, Selva e Altos. Tra questi: assassinii, sparizioni, sfollamenti forzati, rapimenti, sparizioni di bambini, adolescenti e giovani e loro reclutamento forzato. Comunità rapite da gruppi criminali che le costringono a fare da barriera umana. Estorsioni, erroneamente chiamate “cobro de piso”. Così come intimidazioni e minacce a difensori dei diritti umani e del territorio, e a sacerdoti, missionari e missionarie della nostra Diocesi. Così come l’influenza che le guerre nel Mondo hanno su di noi e l’espropriazione dei nostri territori come popoli nativi”.
Non è certo un segreto che quest’area della chiesa cattolica che manifesta cantando e intonando cori di lotta e preghiere aderisce alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, non tutti e tutte si dichiarano zapatisti/e, ma sono parte solidale con l’EZLN quando è necessario se non quotidianamente. Il Pueblo Creyente è il risultato tangibile di quanto fatto da Samuel Ruiz con il suo vescovado a San Cristobal. Il comunicato portava quattro fondamentali richieste: la prima “il chiarimento del crudele omicidio del nostro confratello Marcelo Pérez, giustiziato il 20 ottobre 2024. Ci deve essere giustizia e trovare i veri autori intellettuali e materiali del suo assassinio, evitando di accusare persone senza prove per eludere la pressione sociale”. La seconda “chiediamo ai tre livelli di governo uno STOP TOTALE ALLA VIOLENZA! Essa è dilagante nel nostro Stato, frutto dell’impunità, della complicità, della corruzione, della negazione e della minimizzazione degli eventi di violenza mortale che viviamo giorno dopo giorno nelle nostre città” ed in fine la terza “l’immediato disarmo, smantellamento e scioglimento dei gruppi criminali che regnano nello Stato e delle reti nazionali e internazionali loro alleate, interessate all’espropriazione e al controllo del territorio. La fine della criminalizzazione, delle minacce, delle molestie e della persecuzione dei difensori del territorio e dei diversi diritti, così come dei sacerdoti, dei missionari, delle missionarie e dei servitori della nostra diocesi”.
La quarta e ultima: “Rispetto delle nostre culture come popoli nativi”. Il Pueblo Creyente è stato la base sociale della grande marcia/processione di domenica 3 novembre, secondo la stampa locale a San Cristobal sono arrivate almeno 20mila persone da tutto il Chiapas. La manifestazione è stata indetta dalla diocesi di San Cristóbal de las Casas a 15 giorni dall’omicidio di Padre Marcelo e nel 100esimo anniversario della nascita del vescovo Samuel Ruiz García. A guidare la marcia c’era il il vescovo Rodrigo Aguilar Martínez e dal suo ausiliare, Luis Manuel López Alfaro. La fine della violenza, delle intimidazioni e delle minacce contro i difensori dei diritti umani e del territorio, i sacerdoti e i missionari, erano le richieste della mobilitazione. “Perdono di cuore gli assassini materiali e intellettuali, ma questo è un crimine che deve essere punito”, ha detto il vescovo Rodrigo Aguilar Martínez, durante l’omelia a cui hanno partecipato il padre del sacerdote ucciso, Miguel Pérez Sántiz, insieme al resto della famiglia.
Oltre alle parole ufficiali c’erano le persone, i corpi ed i cuori che hanno gridato per tutto il tempo “Viva el Tatic Samuel”, “Viva padre Marcelo”, “Viva la pace con la giustizia e la dignità”, “Fuori i gruppi criminali dal Chiapas”, “Giustizia per padre Marcelo”, “Basta con la Narcopolitica”, “basta con gli sfollamenti della popolazione”. Le indagini oggi sono in alto mare. Il Centro per i diritti umani Minerva Bello di Chilpancingo, che sta assistendo famiglia e Diocesi nel caso di Padre Marcelo ha confermato che una persona è tutt’ora in custodia cautelare, arrestata 48 ore dopo l’omicidio, e altre due sono indagate a piede libero. La nuova Presidenta, Claudia Sheinbaum, è in grande difficoltà, prova a negare la grave situazione che il Chiapas sta vivendo (e in generale non mostrarsi preoccupata per l’escalation di violenza che dalla sua nomina è esplosa nel Paese), tanto che annunciando misure di sicurezza speciali per lo stato a partire da Novembre la Presidenta ha detto “Il Chiapas è uno Stato con molte esigenze. E non si tratta solo di strategie di sicurezza, ma anche di avere una prospettiva sociale”.
In copertina, la cattedrale di San Cristobal