I pacifisti di Moldavia

L'esperienza di un gruppo di attivisti che supportano le categorie più deboli di rifugiati ucraini e gli uomini che dicono no alla guerra

di Alice Pistolesi da Palanca

Quando la guerra è spaventosamente vicina e gli effetti del dolore che provoca arrivano in carne e ossa attraverso i confini c’è bisogno di reagire al panico. Proprio con questa motivazione è nato ‘Moldova for Peace‘, un gruppo di lavoro informale che coinvolge oltre cento volontari. Il gruppo sostiene i profughi che arrivano in Moldavia contribuendo a fornire trasporto, alloggio e a far fronte alle altre esigenze di chi arriva. I bisogni vengono raccolti, tramite la piattaforma Dopomoha, dalle autorità moldave e forniti al gruppo di volontari, che lavorano in collaborazione con la comunità imprenditoriale, le organizzazioni non governative e di beneficenza.

“Con l’invasione del 24 febbraio – racconta Vitalie Sprinceana, uno dei coordinatori – abbiamo pensato che mai come in questo momento fosse importante costruire ponti, lavorare sulla solidarietà e abbattere le ostilità che si creano su entrambi i fronti. L’aggressore è la Russia ma questo non vuol dire che tutti i russi siano colpevoli. Ci definiamo pacifisti e cerchiamo di opporci alla fascinazione che la guerra porta con sé. Per noi il pacifismo non è mettersi in una posizione difensiva, ma è essere attivi. Non siamo deboli, ci consideriamo ragionevoli”.

Tra le volontarie sono presenti molte attiviste femministe e per i diritti civili, così come ricercatori universitari e sociologi. “Tutte le persone che arrivano – continua – hanno bisogno di supporto ma la nostra attenzione si rivolge principalmente a coloro che hanno maggiori difficoltà a trovare sistemazione nelle famiglie moldave. La comunità rom, ad esempio, che in Ucraina è molto presente, viene discriminata, così come le persone lgbt, dato che la Moldavia è un Paese con gravi problemi di omofobia. Aiutiamo poi la popolazione di lavoratori di stranieri e gli uomini che lasciano illegalmente l’Ucraina”.

Foto di Maria Novella De Luca

È infatti proibito ai maschi dai 18 ai 60 anni di lasciare il Paese. Non tutti però vogliono imbracciare le armi e c’è chi prova ad attraversare il confine di notte. La zona cuscinetto di 5 chilometri che precede la frontiera è controllata dai militari. “Lasciare l’Ucraina è molto difficile. – spiega l’attivista, mentre ci mostra la mappa – Chi riesce ad arrivare lo fa tramite la zona fangosa che insiste sul parco nazionale ucraino Lower Dnister. Molti raccontano di soldati ucraini che sparano sugli uomini che tentano di attraversare”.

Il gruppo si occupa di supportare chi arriva. “Li aiutiamo a compilare la modulistica che consente loro di ottenere l’asilo in Moldavia. Dobbiamo superare le loro reticenze perché appena arrivati pensano che se si registrano possono essere rimandati indietro”. Un modo per lasciare il Paese legalmente è procurarsi un certificato medico, ma pare che per ottenerlo la corruzione sia prassi.

*Foto di Maria Novella De Luca

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