Idlib, medici e civili in piazza

Grandi manifestazioni nella città siriana  contro l'offensiva di Bashar Assad e per chiedere la  protezione internazionale

Medici e infermieri sono scesi in piazza a Idlib per manifestare contro la possibile offensiva di Bashar Assad e chiedere protezione alla comunità internazionale. Oltre trecento camici hanno sfilato con in mano rose e bandiere della rivoluzione siriana  nei pressi dell’ospedale di Atme, nella provincia di Idlib, l’area considerata come l’ultimo bastione dei ribelli nel Paese.

Ma non solo i medici stanno alzando la voce. Nella città, capoluogo dell’omonimo governatorato, migliaia di persone sono scese in strada venerdì 14 settembre per chiedere lo stop dei bombardamenti. Non sono certo le prime manifestazioni. Protestare il venerdì è infatti diventata un’abitudine per il mondo arabo dopo le rivoluzioni del 2011. In questa occasione le manifestazioni del venerdì si sono però svolte in più di due dozzine di città e villaggi a Idlib.

Una delle più grandi si è tenuta nella città di Maarat al-Nouman, nella provincia centrale di Idlib, dove si stima che 25mila persone, compresi i cittadini dei villaggi e delle città vicine, si siano riunite dopo le preghiere del venerdì.Tra i cartelli esibiti dai manifestanti si possono leggere invettive contro Assad, la Russia alleata della Siria, e i movimenti terroristi, tutti ritenuti responsabili di violenze.

L’offensiva su Idlib

Nelle ultime settimane i bombardamenti dell’artiglieria di Assad e i raid aerei russi hanno colpito diverse zone di Idlib, colpendo anche ospedali e centri di soccorso. Nella zona di Idlib vivono due milioni e mezzo di persone, tra cui 700mila sfollati provenienti da altre parti del Paese. Secondo le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite, oltre due milioni di persone hanno disperato bisogno di cibo, acqua e cure mediche. Inoltre la maggior parte degli sfollati si trova in campi sovraffollati nei pressi del confine turco.

La provincia di Idlib è controllata per il 60% dal movimento armato islamico Hayat Tahrir al-Shaam, composto in parte da ex combattenti del ramo siriano di al-Qaeda. In questa zona sono presenti anche unità dell’esercito turco.

Le denunce di Amnesty International e Save the Children

Amnesty International denuncia che su Idlib il governo siriano, sostenuto dalla Russia, ha utilizzato bombe a grappolo, vietate dal diritto internazionale, e barili bomba. La ong ha riferito di almeno 13 attacchi portati a termine tra il 7 e il 10 settembre nella parte meridionale del governatorato. I bombardamenti hanno colpito i villeggi di al-Tah, Jerjanaz, al_Habeet, Hass, Abadeen e i dintorni di Khan Sheikhoun, provocando almeno 14 morti e 35 feriti tra i civili. Gli attacchi sarebbero iniziati il giorno del vertice di Teheran tra Russia, Iran e Turchia.

 Amnesty International ha chiesto alla Turchia di aprire i suoi confini per consentire l’ingresso dei civili che vogliono fuggire dagli attacchi contro Idlib e alla comunità internazionale di aiutare la Turchia ad accogliere gli eventuali rifugiati. Anche Save the Children ha denunciato quello che succede ad Idlib raccogliendo le testimonianze dirette di alcune famiglie stanno vivendo il terrore degli attacchi aerei e della possibile offensiva che colpirebbe un milione di bambini causando, come definita dall’Onu, “la peggiore catastrofe umanitaria del XXI secolo”.

Le elezioni locali in Siria

Intanto, nelle zone sotto il controllo del governo, si sono tenute le prime elezioni locali dal 2011. Le operazioni di voto sono state estese di cinque ore fino oltre la chiusura del seggi, a causa, secondo l’agenzia di stampa di Stato Sana della “alta partecipazione”. Non sono però  stati  forniti dati di affluenza. Nei sette anni di guerra sono state oltre 360mila le persone uccise e milioni quelle costrette a fuggire. Oggi pare che l’esercito siriano abbia ripreso il controllo di circa i due terzi del territorio, in seguito ad una serie di vittorie intorno a Damasco e nel sud del Paese.

*In foto la manifestazione di venerdì 14 settembre a Maarat al-Nouman tratta da Al Jazeera

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