Il conflitto visto dalla Nato

L'analisi di Alessandro Politi della Nato Defense College Foundation, l’unico centro di ricerca non governativo affiliato direttamente all’Alleanza Atlantica

di Alessandro De Pascale

Alessandro Politi* guida attualmente la Nato Defense College Foundation, l’unico centro di ricerca non governativo affiliato direttamente all’Alleanza Atlantica.

Politi, come vede l’invasione russa dell’Ucraina?

Questa avventura militare di Putin può costargli molto cara in termini di stabilità, anche se potrà presentare una vittoria alla propria opinione pubblica. Tanti coraggiosissimi russi, di tutte le età, non solo giovani ma anche anziani, sono scesi in piazza perché ritengono che questa guerra sia sbagliata. In Russia se manifesti perdi il lavoro in un lampo. Ci vuole insomma coraggio a protestare e questa gente, possibilmente, non andrebbe lasciata sola. Come farlo, poi, è un bel dilemma.

La Nato ha infatti detto che si tiene fuori dal conflitto?

In tutta la “terza guerra mondiale” non abbiamo mai fatto un intervento a favore di un Paese che non fosse un alleato. Gli ucraini dicono “ci state lasciando soli” ed è vero. Ma l’Ucraina non poteva essere coperta dalla Nato. È tragico da dire, pochi politici hanno il coraggio di farlo, anche se il presidente Usa Biden ha chiarito subito che “non entreremo in Ucraina”. Ma poi, uno davvero vuole entrare in guerra con la Russia? Non è un problema di coraggio o vigliaccheria, ma di freddo calcolo di quello che si ha sottomano. Altrimenti, dopo l’errore di Putin ne facciamo uno noi. E due errori non fanno una ragione.

Riguardo alla guerra sul campo, nonostante il numero di uomini messo in campo da Putin, l’avanzata russa sembra in stallo. Come mai?

Putin e il suo entourage pensano, o meglio sperano, che in una decina di giorni si arrivi ad un risultato politico. In genere, per vincere sopportando delle perdite con ragionevole sicurezza, si attacca con una superiorità numerica di 3 a 1. Alcune stime dell’intelligence statunitense prima dell’invasione, dicevano che la Russia aveva schierato il 70% delle forze necessarie a un’invasione su larga scala. I russi avranno pensato, per una questione di qualità tra le loro forze e quelle ucraine, che tale disparità fosse tale da compensare una superiorità numerica non così garantita. Un comandante molto abile può anche fare la differenza, ma questo tipo di calcolo, per ora, dimostra che la difficoltà di prendere i centri urbani, anche non immensi come Mariupol, resta intatta qualunque tipo di forze armate si abbiano.

Come mai?

Il combattimento urbano richiede ancora moltissima gente, da sempre è un compito estremamente duro, pericoloso, brutale. Perché alla fine si arriva a bombardare i palazzi per farsi strada, ritrovandosi poi un mare di rovine nelle quali i difensori si nascondono ancora meglio. Di esempi ce ne sono a iosa: la Seconda guerra mondiale, l’offensiva del Têt (Vietnam, nda), il conflitto in Libano, quello in Siria. Per non parlare della Bosnia: l’assedio di Sarajevo sembra che ce lo siamo dimenticato tutti.

Molti osservatori hanno però fatto notare che Putin ha ereditato delle forze armate obsolete, male armate e poco finanziate, per trasformarle in un esercito moderno, in grado di proiettarsi in qualsiasi scenario. Cosa ne pensa?

Che è una mezza verità, che va contestualizzata. Alcuni sono professionisti, ma un buon numero sono ancora coscritti. E questi ultimi puoi anche addestrarli bene, ma alla fine il loro impatto socio-politico della morte è più elevato, perché l’opinione pubblica si farà molto prima delle domande. Ora, che Putin risistemasse l’apparato militare, nei suoi panni, era il meno che potesse fare. Non è qualcuno che fa le marce per la pace: è uno delle strutture di forza della Russia, un siloviki, un nazionalista che ha vissuto l’8 settembre del 1991 e l’onta del disfacimento dell’Unione Sovietica come un trauma. L’ha detto in modo chiaro, in tutti i modi. Per lui ricostruire l’esercito era una cosa primaria. Anche in altri casi della Storia è stato del resto più facile ricostruire le forze armate che non l’economia. E quella di Putin è un’economia che non va da nessuna parte: è il Pil del Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, nda). È questa la cosa terrificante, che spesso ci sfugge.

Però altrove, militarmente, ha funzionato?

Sì, ma con “bocconi” più piccoli: la Georgia nel 2008, dove i russi hanno reagito in modo molto pesante e con successo. Oppure il conflitto siriano, nel quale sono entrati con il meglio che avevano, ma dove come gli statunitensi lì  hanno messo l’high tech, mentre altri (milizie filo-iraniane, esercito regolare di Assad) hanno fatto il tritacarne urbano. Anche se poi ovviamente, quando è servito, anche i russi ci sono andati duri. Stesso discorso in Libia, dove hanno inviato dei mercenari, con un impegno quindi limitato.

Anche la resistenza ucraina si è dimostrata elevata…

L’identità cittadina, civica, dell’Ucraina c’è. Il senso di identità non nazionale, arcaica, mitica, culturale, ma civica degli ucraini ha retto finora alla prova del fuoco. Un po’ come i rivoluzionari francesi a Valmy: erano un’accozzaglia di gente armata che ce l’ha fatta per “n” motivi. Alcuni fonti russe speravano di chiudere l’essenziale della questione in 10 giorni. Ma finché gli ucraini riescono a reggere in modo ragionevole, a prezzo di costi elevati, città distrutte, gente perduta, hanno un risultato politico concreto. Lo stesso Zelensky,  per ora, ha incarnato la figura del presidente eroico, che sta con il suo popolo, che resiste. Chi è di sinistra ricorderà Salvador Allende, che però è morto e il Cile democratico è stato sepolto per decenni.

È la guerra delle prime volte, con la Nato che mette in campo una missione difensiva e l’Ue che per fornisce armi ad un Paese terzo in guerra?

Almeno dal 1949 al 1991 la Nato è sempre stata schierata in missione difensiva, solo in seguito la deterrenza non è stata primaria, nonostante anche questa non è del tutto sparita. Per l’Unione europea il “prima volta” è invece assolutamente giustificato, perché effettivamente l’Ue dal 2005 ha costituito dei gruppi di combattimento da 2.500 persone, nulla di che ma comunque schierabili, ma non ne ha mai messo in campo neanche uno. Nemmeno nel Sahel, dove forse era una situazione più semplice. Ora invia di armi, che poi bisogna vedere come arrivano: i russi stanno già effettuando voli, non so quanto efficaci, di interdizione di questo tipo di rifornimenti con elicotteri d’attacco, proprio lungo il confine ucraino-polacco.

* docente e ricercatore di geopolitica, geoeconomia ed intelligence per vari istituti, tra le altre cose è stato consigliere di tre ministri della Difesa italiani e uno greco, di un segretario generale della Difesa, di un direttore del Dipartimento informazioni difesa (Dis) e di un presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir)

In copertina il Quartier generale Nato. Nel testo un’immagine di A. Politi

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