Il futuro dei ghiacciai

I ghiacci che occupano la catena montuosa himalayana si ridurranno di due terzi entro il 2100. E  lo sforzo collettivo attuale di riduzione del riscaldamento globale non impedirà comunque che un terzo dei ghiacciai  si riducano entro la fine del secolo. Come conferma il recente disastro nell'Uttarakhand indiano

Decine di persone sono morte e molte sono ancora disperse in India, dopo l’alluvione nella zona himalayana di Chamoli, nell’Uttarakhand, dovuto a un pezzo di ghiacciaio himalayano che si e’ staccato dalla sua sede sommergendo le strutture idroelettriche di Rishiganga con fango e ghiaccio e in parte quelle sul fiume Dhauliganga. Purtroppo disastri di questo tipo stanno diventando sempre più frequenti nella zona dell’Himalaya per via dei cambiamenti climatici. Sono cose che sappiamo bene come dimostrano diversi studi, da quello del del Lamont-Doherty Earth Observatory (LDEO) della Columbia University secondo cui i ghiacciai himalayani si stanno sciogliendo a una velocità doppia rispetto a due decenni fa. Un’altra ricerca, forse la più completa sulla regione himalayana, dice che i ghiacciai che occupano la catena montuosa  si ridurranno di due terzi entro il 2100. E che lo sforzo collettivo attuale di riduzione del riscaldamento globale non impedirà comunque che un terzo dei ghiacciai (e non solo nell’Himalaya!) si riducano entro la fine del secolo.

Un consorzio di centri di ricerca e un team di diverse decine di studiosi non solo del clima – in gran parte asiatici – formano lo staff che ha completato il primo studio completo sul presente e sul futuro del più imponente complesso montuoso del globo: la macroregione dell’Hindukush-Himalaya (Hkh). Uscito nel 2019, è una ricerca su cambiamenti climatici, globalizzazione, movimento di popolazioni, conflitti e degrado ambientale che attraversano la regione ma anche un modo per proporre soluzioni e individuare risorse. Ma ovviamente con un allarme di cui il disastro appena avvenuto nel Nord dell’India è l’espressione più diretta.

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Sulla macroregione dell’Hindu Kush-Himalaya, dal nome delle due grandi dorsali che iniziano dopo l’altipiano iranico per perdersi verso il Mar Cinese Orientale, finora nessuno aveva messo assieme così tante realtà geografiche cercandone i tratti comuni e collegando, come in natura sono collegate, le montagne, le pianure e i fiumi che attraversano quasi metà del pianeta concentrati in otto Paesi: Afghanistan, Pakistan, India, Cina, Myanmar, Bhutan, Nepal e Bangladesh. La ricerca prevede che – se le emissioni globali di gas serra non saranno drasticamente ridotte – i ghiacciai che occupano la catena montuosa himalayana si ridurranno di due terzi entro il 2100 e che lo sforzo attuale non basta. La filosofia di questo lavoro risiede nell’idea che questi otto Paesi – con realtà agricole e urbane molto diverse – siano profondamente intrecciati da una complessa rete di ecosistemi, fiumi, biodiversità, centinaia di picchi sopra i 6mila metri, e risorse naturali cruciali. Oltre a quello che viene anche chiamato il “Terzo Polo” (i ghiacciai dell’Himalaya), la regione ospita infatti dieci grandi bacini fluviali che dai nevai himalayani si alimentano: dal Mekong al Gange, dai grandi fiumi cinesi all’Indo sino al piccolissimo Kabul, un corso d’acqua che è quasi un torrente.

Sempre sull’acqua, il rapporto è ricco di sorprese: l’accesso all’acqua potabile in Pakistan, per esempio, pur avendo una disponibilità di risorse idriche doppia rispetto all’Afghanistan e non essendo un Paese ufficialmente in guerra, è del 48% contro il 50 del vicino che soffre 40 anni di conflitto. In Cina è dell’89%, in Myanmar del 71. La performance migliore è del Bhutan: 92%.  Lo studio è un rapporto di valutazione che cerca di stabilire lo stato dell’arte di un’area lunga 3.500 chilometri dove vivono 240 milioni di persone (sia nelle aree collinari sia in quelle di montagna) e un miliardo e 650 milioni (in totale siamo a più di un quarto della popolazione mondiale) che abitano i bacini fluviali a valle. L’intenzione dello studio, per il suo carattere interdisciplinare e anche per aver messo assieme un network esteso , è di farne un materiale di lavoro per il Panel on Climate Change (Ipcc): individuare rischi e risorse di un’area mai prima studiata nella sua interezza.

(Red/Est. Em. Gio.)

In copertina foto di Simon Berger (Unsplash). Nella mappa la macroregione asiatica

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