di Maurizio Sacchi
Gli Stati Uniti hanno il debito estero più elevato al mondo. Al 6 marzo 2025, il debito pubblico federale ammonta a 36,56 trilioni di dollari [Il termine “trilioni”, non propriamente italiano, corrisponde a mille miliardi]. Con questo passivo enorme, gli Usa si sono sempre tenuti in piedi vendendo buoni del tesoro, o obbligazioni, che compratori sia stranieri che nazionali acquistano, per la fiducia di fondo nella vitalità dell’economia a stelle e strisce.
Ma ora la fiducia nell’economia statunitense sta crollando, con gli investitori che stanno svendendo i bond a causa delle crescenti preoccupazioni per l’impatto dei dazi di Donald Trump. I governi vendono obbligazioni – essenzialmente una cambiale – per raccogliere fondi dai mercati finanziari per la spesa pubblica e in cambio pagano interessi. Gli Stati Uniti normalmente non vedono alti tassi di interesse sul proprio debito, poiché le loro obbligazioni sono considerate un investimento sicuro, ma dopo la dichiarazione di guerra commerciale di Trump i tassi sono aumentati bruscamente, toccando il 4,5 percento.
Il debito statunitense ha superato per la prima volta nella storia la soglia dei 30 trilioni di dollari a febbraio 2022. A dicembre 2023, era di 33,1 trilioni: 26,5 trilioni di detenuti dal pubblico e 12,1 trilioni di dollari di debito intragovernativo. A luglio 2023, Il costo annualizzato degli interessi annuali era di 726 miliardi di dollari pari al 14 percento della spesa federale totale. Il debito nazionale degli Stati Uniti è il debito nazionale totale dovuto dal governo federale degli Stati Uniti ai detentori di titoli del Tesoro. A dicembre 2020, gli stranieri detenevano il 33 percento (7 trilioni di dollari su 21,6 trilioni) del debito pubblico statunitense; di questi 7 trilioni di dollari, 4,1 trilioni appartenevano a governi stranieri e 2,8 trilioni a investitori stranieri. Storicamente, la quota detenuta da governi stranieri è cresciuta nel tempo, passando dal 13 percento del debito pubblico nel 1988 al 34 nel 2015. Negli anni più recenti, la proprietà straniera è diminuita sia in percentuale sul debito totale che in dollari.
La Cina già da prima della crisi attuale stava cambiando rotta. Aveva raggiunto il massimo del 9,1 percento nel 2011, per poi ridursi al 5 nel 2018. Dal 2018, la Cina ha ulteriormente ridotto le sue quote di debito federale statunitense, portando il totale a 1.070 miliardi di dollari a giugno 2020, dietro al Giappone, che è diventato il principale creditore estero degli Stati Uniti Includendo sia i detentori di debito pubblico che quelli privati, i primi tre detentori nazionali di debito pubblico americano a dicembre 2020 erano il Giappone (1,2 trilioni di dollari, pari al 17,7 percento), la Cina (1,1 trilioni di dollari, pari al 15,2 percento) e il Regno Unito (0,4 trilioni di dollari, pari al 6,2 percento). Questa politica di de-dollarizzazione da parte di Pechino indica che l’Impero di mezzo stava già cercando vie alternative al dollaro, e rende meno utile e probabile una svendita massiccia della rimanente quota del debito americano. Una svendita da parte della Cina, infatti, potrebbe danneggiare gli Stati Uniti nel breve termine, ma anche causare una grave instabilità nell’economia cinese e globale.
Il problema già esistente, e ora ingigantito, costituito dal debito grava in realtà sul futuro degli stessi Stati uniti. Alcuni analisti calcolano che, nei prossimi 30 anni, gli ampi deficit di bilancio porteranno il debito federale detenuto dal pubblico a livelli senza precedenti: dal 78 percento del prodotto interno lordo (PIL) nel 2019 al 144 percento entro il 2049. Oltre che sugli equilibri mondiali, Donald Trump sta incidendo in modo minaccioso sullo stesso futuro del suo Paese, e delle generazioni future.
nell’immagine da wikipedia, il biglietto da 100 $ Usa