di Raffaele Crocco
Stupisce il Mondo che ci siano i disertori. Arrivati a 937 giorni di guerra in questo 13 settembre 2024, con una contabilità di parecchie centinaia di migliaia di soldati morti da entrambe le parti, noi europei abbiamo scoperto con disappunto, meraviglia e, in qualche caso, malcelato fastidio, che migliaia di giovani ucraini disertano, scappano per non andare ad ammazzare qualcuno o a farsi ammazzare in prima linea. Sappiamo per certo che lo stesso accade in Russia: in quel caso, però, i disertori vengono acclamati come eroi dai Paesi europei. Dei 19mila giovani ucraini che hanno disertato negli ultimi 4mesi di guerra, invece, parliamo come di un problema che “il governo di Kiev tenta di affrontare e risolvere, creando un ministero per richiamare esuli e disertori”. I comandanti militari raccontano di fughe e insubordinazioni in prima linea. Le reclute abbandonano il loro posto “quando vedono che è tutto difficile, con troppi droni nemici e colpi di artiglieria e mortaio”.
Il fronte interno, questo fronte interno, può diventare il problema più serio per il presidente Zelensky. Il rischio che la macchina militare ucraina si inceppi è reale, proprio mentre gli osservatori internazionali dicono che l’offensiva russa nel Donbass prosegue. Il ministero della Difesa moscovita ha annunciato di aver conquistato quasi 1.000 kmq di territorio ucraino tra agosto e i primi giorni di settembre, con la cattura di quattro villaggi. Non ci sono conferme ucraine e Kiev prosegue intanto l’incursione nel Kursk e gli attacchi di droni in territorio russo. Zelensky continua a chiedere agli alleati l’autorizzazione all’uso delle armi ricevute per attaccare in profondità la Russia. Proprio in queste ore, il presidente statunitense Joe Biden discute con il primo ministro del Regno Unito, Keir Starmer, sulla possibilità di dare il proprio benestare agli attacchi. Un’ipotesi che spaventa molti per la possibile reazione russa e che allontanerebbe, al momento, ogni ipotesi di negoziato fra le parti.
Negoziato che c’è, ma senza alcun risultato per la Striscia di Gaza. Anche qui, stupiscono i numeri: dall’inizio dell’offensiva israeliana nell’ottobre del 2023, i morti palestinesi ufficiali sono circa 41mila. A questa indecente contabilità vanno aggiunti, ovviamente, i 1.200 israeliani uccisi nell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Sono numeri spaventosi. Nessuno sta fermando il massacro. Il coordinatore del governo israeliano per gli ostaggi, Gal Hirsch, ha proposto al nuovo leader di Hamas, Yahya Sinwar, un salvacondotto per uscire da Gaza in cambio del rilascio degli ostaggi israeliani e della rinuncia da parte dell’organizzazione al controllo sulla Striscia. “Vogliamo indietro gli ostaggi – ha detto Hirsch -. Vogliamo la smilitarizzazione, la deradicalizzazione di Gaza e un nuovo sistema che gestisca il territorio”. Anche negli ultimi giorni, migliaia di israeliani sono scesi in piazza per chiedere il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e nuove elezioni. La situazione è davvero incandescente, ma il governo Netanyahu sembra tirare diritto. Lo dimostrano i nuovi attacchi militari contro strutture di Hezbollah in Siria. Azioni certamente non isolate:l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha registrato finora 64 attacchi israeliani contro 138 obiettivi in Siria dall’inizio del 2024. Sono morte 191 persone.
Si combatte e ci si prepara a combattere, con la diplomazia che arranca ovunque. In Africa si contano i morti della nuova guerra interna al Sudan. Le organizzazioni internazionali ne hanno censiti 20mila, nel quasi totale silenzio dei media. Nella stessa area, come abbiamo raccontato su queste pagine qualche giorno fa, sale la tensione fra Egitto ed Etiopia per il GERD, la Grande Diga della Rinascita Etiope. Costruita sul Nilo Azzurro, ha gettato nel panico Egitto e Sudan, che non senza ragione temono di restare a corto di acqua. È, secondo il governo egiziano, una minaccia alla stessa esistenza dello Stato e per questo l’esercito si starebbe mobilitando. Il Cairo ha chiesto l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, per fermare il riempimento del bacino artificiale della diga. Consiglio di Sicurezza che è stato, in settimana, al centro di una riflessione dell’attuale Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Ha espresso un pensiero tanto logico, quanto utopistico: “è insolito e ingiusto – ha detto – che l’Africa non abbia un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.