Il silenzio della pagoda

Continua l'odissea dei Rohingya e del loro impossibile ritorno in Myanmar. Nonostante gli accordi presi

 

L’ambasciatore alle Nazioni Unite del Bangladesh, Masud Bin Momen, in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha scritto che mentre il Bangladesh continua a impegnarsi con la Birmania “in buona fede” sugli accordi per il ritorno dei Rohingya, “dispiace che le condizioni necessarie per il ritorno sostenibile non esistano  in Myanmar….né il Myanmar – aggiunge nellla missiva – ha intrapreso uno sforzo dimostrabile per affrontare le preoccupazioni dei Rohingya e della comunità internazionale”. Momen ha invitato  il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite  ad adottare una risoluzione ad oc sulla vicenda e a intraprendere “un’azione concertata e determinata per affrontare la crisi Rohingya”. Che resta al palo da ormai un anno.

Un film di Al Jazeera sugli abusi commessi dai birmani. In silenzio

Le Nazioni Unite – racconta il quotidiano bangladese Daily Star, non ha ancora concesso al suo personale l’accesso indipendente ed efficace allo Stato birmano del Rakhine, anche se sono passati due  mesi dalla firma di un ennesimo accordo per aiutare il paese a creare condizioni favorevoli per il rimpatrio dei Rohingya. Il  Bangladesh ospita  oltre un milione di Rohingya e più di 720.000  sono fuggiti da una campagna militare a Rakhine dalla fine di agosto dello scorso anno: campagna definita dalle Nazioni Unite pulizia etnica. Le forze armate del Myanmar sono accusate di aver ucciso, violentato, saccheggiato e bruciato le case dei Rohingya in Myanmar.

Il Myanmar ha firmato un accordo bilaterale di rimpatrio con il Bangladesh nel novembre dello scorso anno. Il 6 giugno di quest’anno ha firmato un accordo tripartito con Unhcr e Undp per il rimpatrio dei Rohingya. Il memorandum d’intesa con le agenzie delle Nazioni Unite è considerato un primo passo verso la realizzazione di condizioni favorevoli per il rimpatrio dei Rohingya nel Rakhine. Ma le bocce restano ferme. E’ stato formato  un gruppo di lavoro tecnico tripartito per sostenere l’attuazione del memorandum, “tuttavia – si legge in una dichiarazione Onu ripresa dall’Ap -  sono urgentemente necessari progressi sostanziali in tre settori chiave coperti dal memorandum d’intesa: garantire un accesso efficace nello Stato di Rakhine; assicurare la libertà di movimento per tutte le comunità; affrontare le cause profonde della crisi “. Chi è rimasto nel Rakhine vive nella paura. Chi se n’è andato non può tornare. Chi dovrebbe aiutare il rimpatrio non è nelle condizioni.

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