di Sara Cecchetti
“La nostra ricchezza suscita guerra, massacri, violenza…testimonianza di un vero e proprio genocidio”: sono queste le parole con cui Beni Mumbita descrive la condizione in cui versa il suo Paese. Era ancora a Kinshasa quando nel febbraio di quest’anno sono esplose le proteste per la presa di Goma e poco dopo è arrivato in Italia per continuare gli studi giuridici con l’obbiettivo- un giorno- di tornare in Congo Rdc con una formazione solida e strumenti concreti per risanare le ferite del proprio Paese. Beni infatti ci parla con la consapevolezza di chi conosce nel profondo le dinamiche politiche e le azioni del proprio governo, di cui sottolinea le responsabilità anche nella crisi attuale in Kivu: “Il potere in carica non reagisce con forza e coerenza, così stiamo correndo il rischio di affrontare una crisi ancora più grave anche nella capitale. Prima che l’occidente possa sostenerci dovremmo trovare soluzioni indipendenti dall’aiuto esterno, è necessario ricompattare le fratture interne al governo”.
Fratture in primis causate dall’incapacità del Presidente Félix Tshisekedi che, più bravo con la retorica che con la strategia, non sembra riuscire a riprendere il controllo della zona orientale del Paese. Sono degli ultimi giorni le notizie del fallimento del cessate il fuoco stabilito durante i lavori per la tregua in Qatar: nel Sud Kivu, nella zona di Bukavu, sono ripresi i combattimenti. Dal luogo, i video che arrivano mostrano violenze inaudite, esecuzioni casa per casa e scuole i cui bambini si rifugiano sotto i banchi trai rumori degli spari. Così- mentre gli scontri trai ribelli dell’M23 e l’esercito congolese alleato con i Wazalendo vanno avanti- la pace sembra essere ancora distante.
Se nella capitale l’opinione pubblica è sempre più spaccata, a catalizzare l’attenzione è stato l’arrivo a Goma dell’ex Presidente Joseph Kabila, a cui nelle scorse settimane il Senato avevo deciso di togliere l’immunità parlamentare. Il leader politico è infatti accusato di intrattenere rapporti con i ribelli dell’M23; una volta arrivato in Kivu Kabila ha anche incontrato i rappresentati dell’élite religiose, dichiarando di voler collaborare con esse per mediare una pace tra governo congolese e ribelli. Ma l’ex Presidente non è l’unico ad essere atterrato a Goma sotto i ribelli; venerdì 13 giugno Bintou Keita- rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite e capo della Monusco- è atterrata nel capoluogo del nord Kivu per incontrare Corneille Nangaa, leader dell’Alleanza del fiume Congo (AFC).
Una visita in cui la portavoce della Monusco ha espresso tutta la volontà di collaborare per una risoluzione pacifica del conflitto. Difficile pensare ad un cessare dello scontro tramite un’azione militare: con i ribelli armati e finanziati dal Rwanda per l’esercito congolese sarebbe quasi impossibile riprendere il controllo dei territori occupati. La speranza è quella di una riapertura della strada diplomatica, speranza racchiusa anche nelle parole donateci dallo stesso Beni che- nel raccontare quanto scritto nel suo libro À la Recherche de Soi: Voyage vers l’Épanouissement Personnel- esprime la fiducia nella “riunificazione della nazione oramai scissa in due”.
In copertina miliziani dell’M23