In Venezuela la commedia degli errori

di Raffaele Crocco

È la commedia degli errori. Sbagliano tutti in Venezuela. Sbagliano e alimentano violenza, odio, scontri.

Facciamo un piccolo passo indietro nel tempo per capire quello che avviene oggi nel Paese latinoamericano. Dopo la morte del presidente Hugo Chavez, nel 2013 e l’arrivo del suo vice, Nicolas Maduro, gli equilibri già fragili sono saltati.

Il riformismo arrembante di Chavez, capace di mettere nell’angolo la ricca oligarchia del petrolio che aveva comandato per secoli, si reggeva in fondo su due soli pilastri: il suo grande carisma e la capacità di parlare agli ultimi, ai poveri, dando loro una speranza. Questo gli aveva consentito di sopravvivere politicamente alla nazionalizzazione delle risorse, alle riforme economiche, sociali e ridistributive. Gli aveva permesso di impostare un modello di società diverso.

Maduro – primo problema di questa vicenda – non ha queste due doti. Ha tentato di portare avanti il modello socialista-bolivariano di Chavez, ma ha sbattuto contro un’opposizione – la vecchia oligarchia – che è sempre stata organizzata e combattiva ed è in grado di controllare mezzi di informazione e opinione pubblica.

Così si è generato l’orrore degli ultimi mesi. La crisi vera è iniziata 80 giorni fa, anche se le radici sono più distanti, affondano nelle difficoltà sociali, politiche ed eonomiche.

Il malcontento è diventato evidente, alimentato dei media in mano alla vecchia oligarchia. A quel punto Maduro ha fatto la propria mossa e l’ha sbagliata. Ha tentato di sbarazzarsi del Parlamento – in mano all’opposizione – e di sostituirlo con il Tribunale Supremo di Giustizia. Il Parlamento, peraltro, era già congelato e ogni possibile appuntamento elettorale rinviato a data da destinarsi.

A quel punto l’opposizione è scesa in piazza, mettendo in campo una strategia dichiaratamente golpista. Lo scontro è diventato fisico, sistematico, quotidiano, voluto. Da 80 giorni ci sono assalti agli enti del Governo, alle agenzie statali, a tutto ciò che rappresenta «la cosa pubblica». Ci sono blocchi ad ogni tipo di trasporto. In un Paese già allo stremo, l’economia viene soffocata, i mercati bloccati, le merci tenute lontane.

Si spara per strada, si linciano agenti. Un disastro sostenuto da molti sponsor internazionali: la Cnn, gli Usa e l’Europa. In questo racconto – lo vedete – ci sono i segni del doppio errore: Maduro che congela il Parlamento, l’opposizione che tenta il golpe. La democrazia è andata in ogni caso altrove, molto lontano dal Venezuela. Sul campo restano quasi un centinaio di morti e almeno 1.200 feriti. Troppi, davvero troppi.

Maduro sta tentando di calmare la piazza promettendo per dicembre le elezioni dei governatori. Contemporaneamente, cerca di varare una nuova assemblea costituente, sperando di poter imporre i delegati provenienti dai comuni più piccoli – lì il governo è forte -, dalle comunità indigene e dai settori della società civile che ancora lo appoggiano.

L’impressione è che sia troppo tardi. Da sempre, dal 1999, l’oligarchia venezuelana, appoggiata dagli Stati Uniti, tenta di eleminare il progetto politico di Chavez.

Lo scontento popolare, nato dalla crisi economica – e le decisioni di Maduro – le stanno offrendo una chance irripetibile per tornare a governare con l’appoggio del mondo.

Lo dimostra quanto accaduto in questi giorni. I governi italiano e spagnolo hanno chiesto alle parti di trovare un accordo, in nome del popolo venezuelano. Così facendo hanno di fatto legittimato l’opposizione che cerca di rovesciare un presidente comunque democraticamente eletto. Gli interessi in gioco sono tanti. Il petrolio venezuelano, da sempre, piace a tutti. Così, la commedia va avanti, con tutti gli errori commessi da tutti. E a pagare sono sempre gli stessi.

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