Iraq, l’ascesa dello sciita Muqtada al-Sadr

Il leader religioso ha ottenuto la maggioranza alle elezioni parlamentari, ma solo il 41% degli aventi diritto è andato a votare

Il partito del leader religioso musulmano sciita Muqtada al-Sadr è il vincitore delle elezioni parlamentari irachene. Secondo i conteggi (non ancora definitivi) al-Sadr avrebbe ottenuto la maggioranza in più di 70 seggi, segnando un notevole aumento di consenso rispetto alle elezioni del 2018.

Al-Sadr, è stato una figura dominante sin dall’invasione statunitense. Si è opposto a tutte le interferenze straniere in Iraq, sia degli Stati Uniti, contro i quali ha combattuto una rivolta armata dopo il 2003, sia del vicino Iran, che ha criticato per il suo stretto coinvolgimento nella politica irachena.

Ma non tutti ci stanno. I partiti e alcuni gruppi armati filo-iraniani hanno denunciato i primi risultati delle elezioni irachene come “manipolazione” e “truffa”. Faremo appello contro i risultati e li respingiamo”, ha affermato martedì una dichiarazione congiunta di diverse parti, tra cui l’Alleanza di Fateh, riportata da Al Jazeera. “Adotteremo tutte le misure disponibili per prevenire la manipolazione dei voti”, ha aggiunto la dichiarazione firmata anche dal partito dell’ex primo ministro Haider al-Abadi, in carica dal 2014 al 2018. Anche una delle fazioni più potenti di Hashd, le Brigate Hezbollah, ha respinto le elezioni definendole “la più grande truffa e fregatura a cui il popolo iracheno è stato sottoposto nella storia moderna”.

Le votazioni di domenica 10 ottobre sono le quinte dall’invasione guidata dagli Stati Uniti del 2003 che ha rovesciato Saddam Hussein. Elezioni che si sono svolte con diversi mesi di anticipo, in risposta alle proteste di massa nel 2019 che hanno rovesciato un governo e hanno portato a galla una rabbia diffusa contro il sistema politico. Il predecessore di Al-Kadhimi, Adel Abdul Mahdi, si era infatti dimesso dopo che le forze di sicurezza avevano represso e ucciso centinaia di manifestanti (660 i morti). Nei mesi successivi, inoltre, decine di attivisti antigovernativi sarebbero stati uccisi, rapiti o vittime di intimidazioni, violenze. Il nuovo primo ministro ha convocato il voto con mesi di anticipo per dimostrare che il governo stava rispondendo alle richieste di maggiore responsabilità.

Nonostante questo, però, le elezioni hanno registrato una scarsa affluenza: solo il 41% si è recato a votare. Secondo molti questi dato riflette la perdita di fiducia nel processo democratico e nella classe politica del Paese. Sentimento che sembra comunque non essere nuovo per l’elettorato. Anche nel 2018 aveva votato il 44,5% degli aventi diritto e che rappresentava il minimo storico.

Molte parti del movimento di protesta che si è mobilitato contro la corruzione, la cattiva gestione, la disuguaglianza avevano invitato a sabotare le elezioni. Fin dai primordi, infatti, i manifestanti hanno chiesto lo scioglimento del parlamento e una revisione del sistema politico in vigore dall’invasione guidata dagli Stati Uniti del 2003.

Non è poi mancata la militarizzazione dei seggi: secondo dati ufficiali riportati da Al Jazeera, più di 250mila addetti alla sicurezza sono stati inviati per le strade del Paese per controllare lo svolgimento delle votazioni. Dispiegamento che, secondo gli osservatori, ha inibito molti a recarsi a votare. A monitorare lo svolgimento delle elezioni anche 600 osservatori internazionali, di cui 150 delle Nazioni Unite. Una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adottata all’inizio di quest’anno aveva infatti autorizzato un team ampliato.

Gli iracheni hanno votato per il rinnovo dei 329 parlamentari con un nuovo sistema elettorale uninominale, che avrebbe dovuto favorire gli indipendenti, più che i blocchi tradizionali in gran parte incentrati sulle affiliazioni religiose, etniche e di clan. Secondo alcuni analisti, però, il cambiamento sarà limitato. “Le elezioni – hanno scritto i ricercatori Bilal Wahab e Calvin Wilder in un’analisi pubblicata dal Washington Institute – porteranno probabilmente a un altro parlamento frammentato, seguito da un commercio di cavalli opaco e corrotto”. Il nuovo parlamento eleggerà anche il prossimo presidente dell’Iraq.

Red/Est

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