Il pugno duro di Jeanine Áñez sulla Bolivia

Almeno 10 i morti negli scontri dopo l'uscita di scena di Evo Morales

Secondo fonti di stampa sudamericana sono almeno 10 i morti in Bolivia durante le proteste per quello che in molti sostengono essere un golpe. E le violenze fra sostenitori di Evo Morales da una parte, e i Comitati civici di estrema destra, e polizia ed esercito dall’altra, continuano, infiammate anche dall’atteggiamento assunto dalla autoproclamata presidente ad interim Jeanine Áñez.

Jeanine Áñez

La principale responsabilità della  Áñez come leader temporaneo sarebbe l’organizzazione di nuove elezioni entro 90 giorni, ma  su questo ha mostrato molta reticenza. Giovedì, i politici del partito di Evo Morales, costretto all’esilio in Messico, e il governo ad interim hanno dichiarato di aver stretto un accordo per aprire la strada a un nuovo voto entro i 90 giorni. Ma venerdì la Áñez ha affermato che l’accordo è fallito, senza fornire ulteriori spiegazioni.

Per le strade, le proteste sono continuate, con i sostenitori di Morales che si sono scontrate con le forze dell’ordine, accusando le autorità e gli oppositori di prenderli di mira per il solo fatto  di essere indigeni nell’aspetto o nell’abito.

Guadalberto Lara, direttore dell’Hospital Mexico, a Sacaba, nel centro del Paese, ha affermato che la maggior parte dei morti è avvenuto in questa città, e che si trattava di feriti da arma da fuoco. Secondo testimonianze raccolte dal medico,  la polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti, che chiedevano il ritorno di Morales dall’esilio in Messico.

Le tensioni sono state infiammate anche dagli attacchi al Wiphala, la bandiera del popolo andino nativo e una delle due bandiere nazionali in Bolivia. I video dei social hanno mostrato poliziotti che tagliano l’emblema  dalle loro uniformi, e manifestanti che li bruciano.

Anche sulla fuga di Morales in Messico si rivelano dettagli preoccupanti. In una conferenza stampa del 12 novembre, il ministro degli Esteri messicano ha fornito un resoconto di come i vicini della Bolivia, avendo inizialmente concesso l’autorizzazione per l’uso del loro spazio aereo, hanno iniziato a rinnegare, uno dopo l’altro, la loro promessa di consentire il passaggio dell’aereo messicano che portava Moralesa Città del Messico.Secondo il Guardian di Londra: “ Questi improvvisi cambi di posizione, in alcuni casi, una volta che l’aereo era già – e pericolosamente – in volo, sollevano interrogativi preoccupanti sul fatto che siano state esercitate forti pressioni per cercare di prevenire la fuga e la sopravvivenza di Morales”.

Non sorprende che l’amministrazione Trump abbia celebrato il colpo di stato “applaudendo al popolo boliviano per aver richiesto la libertà e l’esercito boliviano per aver rispettato il suo giuramento di proteggere … la costituzione della Bolivia. Donald Trump ha proclamato: “Siamo ora un passo avanti verso un emisfero occidentale completamente democratico, prospero e libero“.

In Bolivia, il vuoto politico è durato diversi giorni. Quindi, il 12 novembre, la vicepresidente del Senato Jeanine Áñez, si è presentata al Senato. Si è proclamata presidente in una camera quasi vuota e in assenza del quorum legale minimo per la convocazione del Senato.

“Sogno una Bolivia che si sbarazzi dei riti satanici indigeni, la città non è fatta per gli indios, che vadano nell’Altiplano o nel Chaco !! “, ha scritto in un tweet poi cancellato, ma riesumato dalla catena venezuelana Tele Sur.

Jeanine Áñez è una cristiana evangelica di estrema destra nota per le sue ripetute osservazioni razziste, compresa la descrizione dei costumi indigeni come “satanici”. E’ entrata nel palazzo presidenziale brandendo un’enorme Bibbia e proclamando che “la Bibbia è tornata al palazzo del governo” mentre un gruppo di sostenitori la accompagnava, cantando “Lodate il Signore!” . Camacho, il Bolsonaro boliviano, era al suo fianco.

Ha poi nominato un gabinetto di destra, ordinato all’esercito di uscire in strada, e di reprimere le proteste pro-Morales. Ha anche riconosciuto subito il capo  dell’opposizione Juan Guaido come presidente ad interim del Venezuela. Secondo Al Jazeera, i giornalisti, compresi i corrispondenti stranieri, sono stati minacciati, mentre i membri della missione medica di Cuba sono stati rimpatriati, perchè sottoposti a maltrattamenti. Secondo l’editorialista Guillaume Long:

“…é improbabile che il colpo di stato che ha avuto luogo porti alla pacificazione del Paese o alla stabilità politica in Bolivia. Il notevole lascito sociale ed economico di Morales non sarà presto dimenticato dalle classi popolari della Bolivia. E, con quasi la metà dell’elettorato che ha votato per il MAS e le proteste indigene che scoppiano spontaneamente in tutto il paese e vengono represse ferocemente, il futuro rimane incerto. Qualsiasi potenziale tentativo di impedire alla MAS e ai suoi candidati più rappresentativi di prendere parte alle elezioni future, imitando altri sforzi nella regione per mettere fuorilegge la sinistra e i suoi leader politici, invierà ulteriormente il paese in una spirale di disordini e instabilità. La Bolivia può ancora sperimentare molto tumulto, repressione, violenza e angoscia prima di vedere il ripristino della democrazia e dello stato di diritto”.

Añez ha anche rotto con la tradizione che il portafoglio estero dovrebbe essere sempre occupato da un indigeno. Ministeri come quelli della Difesa o del Governo (interno) sono fondamentali in questo momento in Bolivia, dove l’esercito è ancora nelle strade del paese a sostegno della polizia per contenere le rivolte. L’ex senatore boliviano Arturo Murillo, nominato ministro del governo, ha avvertito che ci sarà il carcere per coloro che commettono “sedizione”.

Intanto, dal Messico, Morales ha sollecitato organizzazioni internazionali come l’ONU e la Chiesa cattolica, attraverso Papa Francesco, ad accompagnare “il dialogo per pacificare la nostra amata Bolivia”. Ma al momento non ci sono segnali che un dialogo possa essere aperto. Lo scontro fra i sostenitori di Morales, che sono ancora almeno la metà della popolazione, e quelli dell’attuale governo di fatto, sembrano destinati a proseguire.

Nell’immagine, il Wiphala, la bandiera boliviana dei popoli nativi

(Red/ma.sa)

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