Kosovo: continua la guerra di ‘targhe e documenti’

I due nuovi regolamenti per i visitatori provenienti dalla Serbia sono stati rinviati di un mese ma la situazione resta tesa e si teme un'escalation

Documenti e targhe serbe in Kosovo provocano l’ennesima crisi nel Paese. Nell’occhio del ciclone l’entrata in vigore di due nuovi regolamenti relativi alle targhe automobilistiche e ai documenti di viaggio per i visitatori provenienti dalla Serbia. Una mossa definita comunque ‘reciproca’ dal Primo ministro Albin Kurti poiché il governo di Belgrado richiede lo stesso ai cittadini del Kosovo che entrano in Serbia.

Il divieto di utilizzare targhe e documenti serbi sarebbe dovuto entrare in vigore il 1° agosto ma è stato posticipato al 1° settembre, dopo le rivolte portate avanti dai serbi del Kosovo. Il governo non sembra comunque intenzionato a ritirare in toto i provvedimenti. I provvedimento prevedevano che le persone che entrano in Kosovo con un documento d’identità serbo debbano sostituirle con un documento temporaneo durante la loro permanenza nel Paese. Il governo ha anche affermato che i serbi che hanno targhe di immatricolazione dei veicoli emesse dalla Serbia dovrebbero cambiarle con le targhe del Kosovo entro due mesi. Come forma di protesta domenica sera centinaia di persone di etnia serba avevano parcheggiato camion, autocisterne e altri mezzi pesanti sulle strade verso gli incroci di Jarinje e Brnjak, bloccando il traffico. In risposta le autorità kosovare avevano quindi chiuso due valichi di confine con la Serbia.

Per soffiare sul fuoco il presidente serbo Aleksandr Vucic, ha mostrato in tv una cartina del Kosovo coperto dalla bandiera serba, avvertendo che che se i serbi saranno minacciati, il Paese ne uscirà vittoriosa. Belgrado continua a non riconoscere l’indipendenza di Pristina, autoproclamata nel 2008. Il Kosovo è ad oggi riconosciuto da circa 100 stati, tra cui gli Stati Uniti e la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea. I colloqui guidati dall’Ue tra Kosovo e Serbia avviati nel 2011 non sono finora riusciti a raggiungere alcuna normalizzazione dei legami.

Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Josep Borrell ha lanciato un appello per risolvere le tensioni “attraverso il dialogo” e non con “azioni unilaterali” Intanto, la forza internazionale Kfor a guida Nato ha riferito in un comunicato che sta controllando “da vicino” la situazione al confine tra Kosovo e Serbia ed è “pronta a intervenire se la stabilità è messa in pericolo” in base al suo mandato, sancito dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La Kfor ha lanciato anche un appello al dialogo, riaffermando però che “adotterà qualsiasi misura si renderà necessaria per mantenere la stabilità”.

Il Cremlino si schiera con la Serbia (anche la Russia non ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo) e sostiene che “tutti i diritti dei serbi in Kosovo devono essere rispettati”. Lo ha fatto attraverso il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ripreso dall’agenzia Interfax. La ministra degli Esteri russa, Maria Zakharova, ha detto che “i leader kosovari sanno che i serbi non rimarranno indifferenti di fronte a un attacco diretto alla loro libertà”. Secondo Vyachslav Volodin, presidente della Duma russa, “la colpa del conflitto al confine serbo-kosovaro è di Washington. Lo scopo è ovvio: indebolire alcuni Paesi che si permettono di affermare posizioni indipendenti. I metodi sono vecchi. Non c’è niente di nuovo. Gli Stati Uniti prima sostengono le tendenze nazionaliste, le alimentano e poi spingono verso i conflitti militari”. Tutto questo, dice Volodin, “con la connivenza di organizzazioni internazionali, Onu e Osce, il cui scopo è difendere la sicurezza in Europa e nel mondo”.

La questione targhe: il precedente nel 2021

Già nel settembre dello scorso anno le tensioni tra Kosovo e Serbia erano scaturite dall’uso delle targhe automobilistiche. Anche in quell’occasione, infatti, il governo di Pristina aveva deciso che tutti i veicoli provenienti dalla Serbia, per entrare nel territorio, dovevano registrarsi con targhe provvisorie, valide 60 giorni, con l’emblema “Ks”.  

La reazione era stata stata immediata con gruppi di cittadini armati della minoranza serbo-kosovara hanno aggredito automobilisti con la targa del Kosovo e avevano dato fuoco a uffici del registro automobilistico dove vengono distribuite le targhe e bloccato le due principali strade del Paese.

*In copertina Foto di Mesut Toker da Pixabay 

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