di Emanuele Giordana
Nell’escalation che circonda la guerra in Ucraina, l’Amministrazione Biden ha aggiunto un altro tassello autorizzando la fornitura di mine antiuomo a Kiev, una scelta che mira a rafforzare le difese contro l’avanzata delle truppe russe. Ma è una scelta che ha scatenato polemiche anche se gli Stati Uniti hanno sempre tenuto sulla questione una posizione ambigua: nel 2020 Trump, invertendo il cambiamento di politica di Obama, aveva ripristinano la posizione che ne autorizzava l’uso pur se di “mine antiuomo avanzate e non persistenti”. Nel 2022 Biden le aveva invece messe al bando affermando che gli Stati Uniti non avrebbero prodotto o acquistato mine antiuomo né sostenuto Paesi nell’uso di questi ordigni. La nuova capriola torna alle mine antiuomo “non persistenti”, e cioè che si autodistruggono o perdono la carica entro giorni o settimane, diventando “innocue” e riducendo il pericolo per i civili (cosa messa in dubbio dagli esperti). Inoltre, dice il New York Times, gli ucraini si sarebbero impegnati a non schierare le mine in aree densamente popolate.
La controversa decisione degli americani (che in compagnia di altri colossi come russi, cinesi e indiani, con Paesi più piccoli come Israele e Iran non hanno mai firmato il trattato di messa al bando delle mine sottoscritto a Ottawa nel 1997) arriva mentre viene presentato a Bangkok dall’International Campaign to Ban Landmines il Rapporto 2024 sullo stato di questi ordigni. E forse non è un caso se è stata scelta Bangkok, oltre al fatto che la Mine Ban Treaty’s Review Conference (la quinta) si apre a Siem Reap, in Cambogia, lunedi prossimo. Il maggior numero di vittime di mine antipersona – presenti sia nel conflitto di Gaza sia in quello ucraino – si trova infatti in Myanmar, dove si combatte un conflitto poco documentato ma che ha già superato i 50mila morti e che si muove all’intero dell’intero Paese (grande due volte l’Italia) raggiungendo un triste primato: nel 2023, la Birmania ha registrato per la prima volta il numero più alto di vittime in un solo anno superando la soglia psicologica dei mille morti.
Il Landmine Monitor Report 2024 documenta l’allarmante utilizzo di mine antiuomo da parte di Stati che non sono parte del Trattato sulla messa al bando delle mine: c’è l’uso in aumento e continuo da parte del Myanmar e l’uso continuato da parte della Russia, nonché il nuovo utilizzo da parte di Iran e Corea del Nord. Inoltre, l’uso di mine antiuomo da parte della Russia in Ucraina dall’invasione su vasta scala del paese nel 2022, è un caso senza precedenti di uno Stato al di fuori del trattato che distribuisce mine terrestri nel territorio di uno Stato Parte. In compenso Kiev è il primo membro a violare i principi del Trattato. Poi ci sono i gruppi armati non statali, che hanno utilizzato principalmente mine antiuomo improvvisate nel 2023 e nel 2024 in Colombia, India, Myanmar, Pakistan e Palestina (Gaza) e sempre di più nella regione del Sahel in Africa.
Il rapporto registra in totale almeno 5.757 persone uccise e ferite da mine antiuomo e residuati bellici esplosivi in tutto il Mondo nel 2023. Il Myanmar è al primo posto e registra 1.003 morti. Nel pianeta, le vittime di mine sono per l’84%vittime civili e oltre un terzo sono bambini. Infine, in molti di questi Paesi le risorse per i programmi di assistenza alle vittime delle mine antiuomo sono limitate e in diversi casi – denuncia il rapporto – la disponibilità dei servizi è diminuita.
Il Mine Ban Treaty è divenuto effettivo il 1° marzo 1999. Proibisce l’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine antiuomo e richiede l’assistenza alle vittime, la bonifica delle mine e la distruzione delle scorte. Attualmente ci sono 164 Stati parti del trattato, tra cui l’Italia. Gli ultimi Paesi ad aderirvi sono stati Palestina e Sri Lanka nel 2017.
Nel mondo, almeno 58 paesi e aree sono ancora interessati dalla contaminazione da mine anche se, nel 2023, 33 Stati con obblighi di bonifica delle mine ai sensi del Trattato hanno segnalato una significativa superficie di 281,5 km² bonificata durante l’anno, equivalente a un’area più grande del Regno Unito. Questa è la più grande area bonificata dal 2019, quando questi Stati si sono impegnati a compiere progressi nella bonifica delle mine “nella misura più ampia possibile entro il 2025”. Cambogia e Croazia hanno aperto la strada, rappresentando oltre 209 km² o il 75% della superficie totale bonificata nel 2023. Infine, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, il rapporto mostra un aumento nei finanziamenti globali per l’azione contro le mine, che superano per la prima volta 1 miliardo di dollari. Un aumento del 12% rispetto al 2022.
In copertina, foto di S. Modola