La dura repressione del Perù

Continuano le proteste in tutto il Paese. Il Ministero dell'Interno chiede ai manifestanti di "abbandonare la violenza"

di Maurizio Sacchi

Un morto e 38 feriti nella giornata di proteste di giovedì in tutto il Perù contro il governo della presidente Dina Boluarte. Questo il bilancio del ministero dell’Interno, che ha rivolto un appello ai manifestanti ad “abbandonare la violenza”. La vittima di giovedì è un manifestante che partecipava degli scontri con la polizia  attorno all’aeroporto internazionale della città di Arequipa, nel sud del Paese. Sale così a 52 (51 manifestanti, un poliziotto) il numero delle vittime dall’inizio della crisi.

Lima si era  svegliata all’alba del 19 gennaio al fragore di carri armati e di 12mila agenti che attraversavano il centro storico. Tutto ciò, per affrontare i partecipanti alla cosiddetta Grande Marcia dei Quattro quarti, che riuniva diverse organizzazioni civili degli altopiani meridionali del Paese, chiamate a confluire nella capitale, per dirigersi verso il Parlamento. 

Quattro quarti é la traduzione di Tawantinsuyu, il nome in lingua quechua, dell’insieme di territori governati dalla monarchia incaica. Il termine si riferisce alla divisione territoriale dell’Impero Inca in quattro suyo o regioni, identificati con le quattro direzioni dei punti cardinali e che confluivano nella capitale, Cusco, origine delle quattro direzioni, delle quattro province e centro dell’Universo.

Poco prima delle 8, la Plaza San Martin, nel centro di Lima, sembrava uno scenario favorevole per la protesta. Le persone continuavano ad arrivare in gran numero e stavano avviandosi verso il palazzo del Congresso. A quel punto, una vecchia casa ad un angolo della piazza ha iniziato a bruciare. Nel caos creatosi, la polizia ha guadagnato terreno, circondando la piazza e bloccando l’accesso alla arteria che porta al Congresso. Alla fine i manifestanti si sono dispersi. Ci sono volute cinque autopompe e tre autobotti per riportare l’incendio sotto controllo. Un gruppo di vicini, che non si è identificato, ha affermato che l’incendio è stato causato da una bomba lacrimogena caduta sul tetto, anche se il governo ha poi smentito.

Mentre le fiamme dell’incendio illuminavano il cielo della capitale, la Presidente Dina Boluarte ha lanciato un messaggio televisivo alla Nazione in cui ha stigmatizzato la protesta, affermando che si trattava di “cattivi cittadini che cercano di infrangere lo stato di diritto, generare caos, disordine e prendere il potere”. Ha assicurato che “il governo è saldo e il suo gabinetto è più unito che mai”.

La protesta non ha raggiunto il suo obiettivo: il palazzo del governo o il Congresso. Nel pomeriggio, c’è stata una grande repressione ad Abancay,  l’’arteria strategica che porta al Parlamento. Non ci sono state vittime, ma alcune persone sono rimaste ferite. Per quanto se ne sa, nessuno con armi da fuoco. A differenza degli altopiani meridionali, nella capitale la polizia non ha usato armi letali. Il bilancio delle vittime delle proteste, scoppiate il mese scorso, è ora di 45 morti, secondo il difensore civico del governo. Altri nove morti sono stati attribuiti a incidenti legati alle manifestazioni. Un poliziotto é stato dato alle fiamme ed é deceduto durante gli scontri.

La presidente Dina Boluarte, in un discorso alla Nazione in serata, ha assicurato che il Governo è “fermo” e ha criticato i manifestanti: “Vogliono generare il caos per prendere il potere”. I manifestanti chiedono che la Boluarte si faccia da parte e convochi nuove elezioni e che Castillo, il suo predecessore di sinistra, venga rilasciato dal carcere, dove é detenuto per il tentativo di sciogliete il Parlamento e di governare per decreto, avvenuto il 7 di dicembre. Da parte loro, i governatori delle regioni meridionali di Puno, Cusco e Apurimac hanno chiesto le dimissioni della Presidente. Ma nonostante le settimane di proteste antigovernative che hanno scosso il Paese profondamente diviso. “Non mi dimetterò. Il mio impegno è con il Perù”, ha ribadito in un discorso televisivo in diretta il 13 gennaio. Boluarte si è mostrata aggressiva, presentandosi in televisione insieme a importanti funzionari del governo. Ha ringraziato la polizia per aver controllato le “violente proteste” e ha promesso di perseguire i responsabili. La Presidente ha anche criticato le proteste perché “non hanno alcun tipo di agenda sociale di cui il Paese ha bisogno”, le ha accusate di “voler infrangere lo stato di diritto” e ha sollevato dubbi sul loro finanziatori.

Ci si chiedeva se la popolazione di Lima si sarebbe unita ai manifestanti provenienti dagli altipiani, e in parte lo ha fatto.  Gli studenti delle principali università pubbliche della capitale, come l’Universidad Nacional Mayor de San Marcos (Unmsm) e l’Universidad Nacional de Ingeniería (Uni), avevano offerto  ai manifestanti alloggi e donazioni. Alcuni, con l’approvazione delle autorità accademiche, come nel caso dell’UNI, e altri senza, , come nel caso di San Marcos, dove hanno occupato il  campus con la forza. In mattinata entrambe le Università sono state circondate da agenti di polizia, ma non c’è stato alcuno scontro.

Mentre questo accadeva a Lima, a Juliaca è morto un cittadino che la sera prima era stato gravemente ferito dall’impatto di un’arma da fuoco. È la seconda vittima a Macusani, nella provincia di Carabaya, dove mercoledì notte un gruppo di abitanti del villaggio ha dato fuoco a una stazione di polizia e alla sede della magistratura. Ma non è stato l’unico incidente nella regione al confine con la Bolivia. Ancora una volta, la popolazione di Jujuy ha tentato di occupare l’aeroporto Inca Manco Capac ed è stata respinta dalla polizia. Il risultato: sette civili e due agenti feriti. Ad Arequipa si é avuta  l’ultima vittima del conflitto. Jhancarlo Condori Arcana, un uomo di 30 anni, è stato ferito mortalmente all’addome mentre i  manifestanti cercavano senza successo di entrare nell’aeroporto locale. L’esecutivo ha dichiarato le regioni di Amazonas, La Libertad e Tacna in stato di emergenza per 30 giorni. Dopo questa prima grande marcia nella capitale, gli organizzatori hanno dichiarato che i manifestanti rimarranno in strada ad oltranza.

*Nell’immagine, foto ufficiale della Policia de Perù

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