di Raffaele Crocco
Sarà guerra, questa è la certezza. E’ scritta nelle parole pronunciate dal ministro della Difesa della Repubblica islamica, il generale di brigata Aziz Nasirzadeh. «Anche se il regime sionista scagliasse una freccia contro il nostro Paese – ha detto -, l’Iran non lo perdonerebbe e sicuramente risponderebbe ai sionisti». Traduzione semplice: l’Iran risponderà in modo «definitivo e doloroso» – sono sempre parole del Ministro – agli attacchi israeliani del 25 ottobre 2024. Lo farà probabilmente prima delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Lo farà ed è difficile capire cosa accadrà dopo.
D’altro canto, la notte e mattina del 25 ottobre erano state drammatiche, al di là del tentativo dei media italiani e europei di minimizzare l’attacco israeliano. Migliaia di iraniani a Teheran erano stati svegliati di soprassalto dalle esplosioni e il regime non può permettersi di mostrare debolezze, deve dimostrare di sapere difendere la vita dei propri cittadini.
La follia che brucia il Vicino Oriente rischia di diventare la miccia per una guerra che si allarga. Il confronto nel Risiko mondiale fra “filoamericani” e “antagonisti” vede sempre più frequente e certo l’uso delle armi. In Libano l’Idf, l’esercito israeliano, continua ad operare come se un altro stato sovrano fosse, in realtà, casa propria. In settimana ha ordinato l’evacuazione nella regione meridionale di Nabatieh e delle città di Baalbek, Ain Bourday e Durous nella valle della Bekaa. Fatto questo, ha iniziato con i bombardamenti e le operazioni di terra, avanzando con i carri armati molto in profondità all’interno dello stato libanese. Gli attacchi missilistici hanno causato altri morti. Almeno otto, con 21 feriti, sarebbero stati uccisi nel bombardamento di un edificio residenziale a Sarafand. Il ministero della Salute, parla di almeno 74 uccise dagli attacchi dell’Idf negli ultimi giorni.
Il massacro prosegue anche nella Striscia di Gaza. Il governo Netanyahu non si ferma. Arrivati a 388 giorni di combattimenti, il bilancio delle vittime a Gaza, secondo Hamas, è di 43.163 morti e 101.510 feriti. I dati, dicono gli esperti delle agenzie internazionali, sono molto probabilmente sottostimati. Mentre uccide, Israele cerca di imporre la propria legge al Mondo. La decisione del parlamento israeliano, la Knesset, di bandire dal territorio l’Agenzia internazionale dell’Onu per i profughi palestinesi, l’Unrwa, appare folle. Significa tagliare a milioni di persone ogni speranza di sopravvivenza. Il capo dell’agenzia, Philippe Lazzarini, ha scritto al presidente dell’Assemblea generale Onu per chiedere un «intervento decisivo». D’altro canto, la scelta di Israele – o almeno di una parte importante dei suoi leader politici – appare chiara: svuotare la Striscia di Gaza dai palestinesi. Ne hanno parlato dieci giorni fa, durante la conferenza sulla “preparazione dell’insediamento a Gaza”, organizzata in una zona militare riservata a Be’eri. Una registrazione svela che il ministro della sicurezza israeliano, Itamar Ben-Gvir , chiede la “migrazione” degli attuali abitanti di Gaza e la possibilità di una futura espansione degli insediamenti israeliani lì. «La Terra di Israele è nostra», ha detto.
La registrazione è diventata parte della documentazione raccolta dal Sudafrica e presentata a fine ottobre alla Corte Internazionale di Giustizia per sostenere l’accusa di genocidio. I diplomatici sudafricani sostengono che «dichiarazioni come queste offrono prove innegabili dell’intento genocida di Israele». E mentre nel Mar Rosso prosegue lo scontro militare per il controllo del passaggio verso il Canale di Suez, con un nuovo attacco aereo di Stati Uniti e Gran Bretagna alle basi degli Houthi nelle Yemen, la guerra continua anche sull’altro fronte aperto dello scontro mondiale.
In Ucraina, la guerra contro la Russia è al giorno numero 977. La città orientale di Pokrovsk si prepara alla difesa, dopo l’avanzata russa di queste settimane. La città – circa 60.000 abitanti – è sotto assedio russo. Gli ucraini dovranno affrontare ancora un inverno duro. Per aiutare la popolazione, i gestori dei sistemi di trasmissione dell’energia dell’Unione Europea hanno deciso di aumentare la capacità di esportazione di energia elettrica verso l’Ucraina e la Moldavia. «Ogni megawatt è importante per tenere accese le luci in Ucraina», ha scritto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’Unione, per altro, non si ferma a questo e attacca la Corea del Nord per l’appoggio militare, con invio di truppe, dato a Mosca, promettendo ritorsioni in campo diplomatico ed economico.
Ma lo scontro appare infinito e ovunque nel Mondo. Armate e politica si muovono sullo scacchiere del Risiko. In Georgia, altra terra sospesa fra Europa e Russia, le elezioni legislative hanno generato il caos. Ha vinto Il partito al governo, Sogno Georgiano, smaccatamente filorusso. L’opposizione e i media europei hanno subito messo in discussione la validità del voto, che allontana la Georgia dal possibile ingresso nella Ue.
Più lontano, nell’Oceano Pacifico, va in scena un’altra puntata del confronto fra Stati Uniti e Cina. Pechino ha criticato duramente Washington, per aver venduto l’equivalente di 2miliardi di dollari in armi a Taiwan. E alla critica si è aggiunta la minaccia di mettere in campo “tutte le misure necessarie” per affermare la propria sovranità sull’isola oggi autonoma, ma considerata parte integrante del territorio cinese.