La fuga dei giovani dal Venezuela

Dall’inizio della crisi sono oltre 7,7 milioni le persone che hanno lasciato il paese e la maggior parte di queste appartiene alla fascia giovanile. Alcuni esempi di cooperazione e di supporto in Colombia e in Perù

di Tommaso Bardi, Anna Belemsigri Anna e Yasmine Souffy*

Luis, bambino venezuelano di 10 anni, è appena arrivato al Policlinico Santa Rita a Cusco, in Perù, dopo aver tentato il suicidio. Solo dopo innumerevoli colloqui psicologici e psichiatrici Luis è riuscito a tirar fuori i traumi vissuti nel lungo viaggio che dal Venezuela lo ha portato in Perù. Traumi che, uniti agli infiniti chilometri percorsi a piedi, gli hanno provocato un disturbo da stress post-traumatico.  Con l’inizio della scuola in Perù sono partiti anche gli episodi di bullismo e razzismo come insulti e parole d’odio ripetuti per mesi. Ma, grazie al cambio di scuola e all’aver ricevuto l’aiuto adeguato, Luis adesso si sta integrando con i compagni di scuola e della squadra di calcetto. 

Come lui, sono molte le persone che ogni anno lasciano il Venezuela. Si stima che tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 ci sia stato un incremento dei migranti dell’8,3%, ovvero circa 402.354 persone. Dall’inizio della crisi venezuelana sono oltre 7,7 milioni le persone che hanno lasciato il paese e la maggior parte di queste appartiene alla fascia giovanile. “I giovani sono sicuramente i primi che se ne sono andati via dal paese e sono quelli che maggiormente continuano ad uscirne”, spiega un operatore umanitario che ha richiesto di rimanere anonimo “Molte famiglie mandano infatti avanti i giovani ed in alcune città in Venezuela in cui sono stato attorno al 2020-2021 c’erano quartieri dove erano presenti solo nonni con i nipoti. Tutta la fascia di mezzo dagli adolescenti ai giovani adulti era già andata via dal paese”.

Le dibattute elezioni del luglio 2024 hanno visto la vittoria (considerata da molti osservatori illecita) di Nicolas Maduro, che sta svolgendo quindi il suo terzo mandato. “All’origine di questo flusso migratorio – spiega Chiara Lombardi, operatrice di Apurimac Ets, una ong che da anni lavora con le persone migranti venezuelane che si trovano in Perù – ci sono tanti elementi ed una delle principali cause della migrazione è l’insicurezza politica data dal governo Maduro, insieme alle violenze, alle aggressioni e alla violazione della libertà di espressione”.

A seguito delle ultime elezioni, si sono scatenate una serie di rivolte popolari che sono state soppresse da un rigido apparato governativo di controllo del dissenso. Dopo le ultime elezioni presidenziali, con le quali Maduro è stato rieletto con il 52% dei voti, sono state arrestate circa 1700 persone, nella maggior parte dei casi senza un’accusa formale. Rilevanti sono anche i dati che affermano che nel 2024 più di 200 adolescenti erano ancora detenuti. I crimini del presidente però non si fermano alla sfera sociale e politica poiché interessano anche quella economica. “Importante è anche il collasso della parte del sistema produttivo” prosegue l’operatore umanitario “Questo determina che le persone in Venezuela non hanno la possibilità di soddisfare le proprie necessità più basilari. C’è una crisi economica dovuta alla svalutazione costante del bolivar che non è più nel mercato”.

Tutto questo ha portato milioni di persone a uscire dal Paese per cercare una vita e un futuro migliore. I viaggi per raggiungere un luogo di salvezza sono lunghi e pericolosi: “La maggior parte della popolazione”, prosegue l’operatore “che va verso nord passa per Panama in un territorio sul confine che chiamano Darien, zona di foresta pluviale controllata dai gruppi armati che trafficano con la migrazione e con la rotta della droga. La fascia del Darien è attraversata moltissimo da  giovani adulti o adolescenti. Parliamo di migliaia di persone ogni anno, ed è una zona pericolosissima in termini di rischi per le persone che l’attraversano. Circa infatti il 20-25% delle persone che avevano attraversato il Darien avevano visto una persona morire ed il 15-20% delle donne avevano subito violenza sessuale”. Le difficoltà si riscontrano anche nella regolarizzazione di tali spostamenti poiché: “in Venezuela è molto difficile avere un passaporto in quanto molto caro, nel 2021 un passaporto costava circa quattrocento dollari e il salario di un dipendente pubblico era di circa 2 o 3 dollari al mese”.

Uno dei luoghi dove vengono accolte le persone che fuggono dal Venezuela sono gli Stati Uniti. Durante l’ amministrazione Biden erano state accolte circa 600.000 persone grazie al TPS (Temporary Protected Status), un documento che permetteva ai venezuelani presenti negli Stati Uniti di accedere ai servizi più basilari e di non essere deportati per 18 mesi. Con la nomina di Donald Trump il permesso è stato annullato e senza questo documento il migrante può essere rimpatriato.

Ma non è solo nel territorio statunitense che sono diretti i flussi migratori provenienti dal Venezuela. Tra i Paesi che ogni anno accolgono un gran numero di venezuelani ci sono il Perù e la Colombia. Quest’ultimo è il Paese che a livello globale ospita più rifugiati venezuelani. “Nel 2019 in Colombia si era presa la decisione di creare un sistema di protezione temporale con la quale la persona riceve un documento amministrativo che garantisce di restare legalmente nel paese, di avere accesso ai servizi più basilari, di poter avere un lavoro legale con un contratto, poter pagare le tasse ed aver accesso ad un conto in banca. A questo dispositivo hanno acceduto circa 2 milioni di Venezuelani” spiega l’operatore che da anni segue progetti con rifugiati venezuelani a Bogotà.

Ma dal 2022 tale status è stato annullato. “Tutte le persone che sono arrivate dopo non hanno una prospettiva di regolarizzazione nel paese, parliamo di 500.000 persone che non hanno possibilità di accedere regolarmente ai servizi basilari”. Questa situazione affligge prepotentemente i giovani che dal Venezuela sono emigrati in Colombia, i quali si trovano ad affrontare un contesto sociale e culturale completamente nuovo e diverso: “un’altro grande problema legato ai giovani è la continuità scolastica in quanto nonostante ci siano delle normative che permettono anche alle persone senza il documento temporaneo di poter avere continuità scolastica in Colombia stiamo parlando di una fascia di popolazione che deve provvedere da sola alle proprie necessità e che molto spesso è costretta a lavorare in maniera illegale vivendo spesso in condizioni di estrema povertà”. Nel 2024 si stimava che 900.000 bambini erano esclusi dal sistema scolastico, circa 1,3 milioni a rischio di abbandono e 270.000 in condizioni di vulnerabilità. La mancanza di insegnanti, le scarse risorse economiche delle famiglie e la grande distanza delle scuole dai villaggi, rappresentano altre grandi barriere nell’accesso all’istruzione. Per i giovani la scuola può rappresentare una salvezza dal contesto sociale, ma anche dal rischio di intraprendere pericolosi lavori minorili, basati sullo sfruttamento.

Come la Colombia, anche il Perù accoglie nel proprio territorio un vasto numero di migranti venezuelani: “Dall’inizio della crisi – continua Chiara Lombardi di Apurimac – più di 1,5 milioni di venezuelani sono arrivati in Perù, e di questi oltre 532.000 hanno richiesto lo status di rifugiato. Questo ha reso il Perù il primo paese  di accoglienza per le persone venezuelane bisognose di protezione internazionale e la seconda destinazione dei rifugiati e migranti venezuelani a livello mondiale”.

Per fornire aiuto ad un sempre crescente numero di persone sono molte le associazioni che lavorano sul territorio peruviano per offrire supporto ai rifugiati. Tra queste c’è l’Ong Apurimac ETS, che orienta e supporta i migranti provenienti dal Venezuela che arrivano nella città di Cusco. L’organizzazione si occupa, tra le varie cose, di fornire assistenza sanitaria gratuita presso il policlinico Santa Rita. “Apurimac – continua Chiara Lombardi –  lavora sul territorio peruviano, orientando e supportando i migranti e i rifugiati venezuelani appena arrivati nella città di Cusco. Prestiamo orientamento legale  per la regolarizzazione migratoria, ma anche assistenza sanitaria gratuita presso il policlinico Santa Rita di Cusco”.

Risolvere la situazione e la crisi che in questo momento sta attraversando il Venezuela appare complesso per la moltitudine di fattori ed attori che contemporaneamente agiscono nello stato latinoamericano. Vari però sono le organizzazioni impegnate a fornire delle alternative ai giovani. Un esempio d’impegno sociale attivo nei confronti dei giovani venezuelani, è quello promosso dalla Casa Don Bosco a Magdalena del Mar, in Perù. L’obiettivo di questi missionari è quello di allontanare i giovani dalla strada, accoglierli in un ambiente sicuro, familiare e seguirli in un percorso lavorativo che gli possa garantire indipendenza. Un’altra associazione che s’impegna a tutelare gli adolescenti venezuelani, la violenza che questi subiscono, ma anche la xenofobia è Quinta Ola. Tra i tanti progetti proposti dall’associazione, ce n’è uno finalizzato al coinvolgimento delle ragazze venezuelane che arrivano in Perù e che combattono contro la discriminazione e la violenza di genere. “Chamas en Accion” ( Ragazze in azione), rappresenta per molte adolescenti la possibilità di avere strumenti per affrontare la vita di tutti giorni e per poter sperare in un futuro in cui prevale l’integrazione e la libertà degli individui. 

Questi esempi di integrazione, di allontanamento dalle strade e dalle realtà degradate, rappresentano una speranza, una fiducia nell’intervento di persone che hanno a cuore il benessere comune. 

 

*Articolo realizzato dal gruppo studentesco nell’ambito del progetto ‘Cercare la pace in un mondo in conflitto’ svolto al liceo G.Pascoli di Firenze

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