La guerra e l’oro (alimentare) -1

Il conflitto colpisce produttori e commercianti di grano ucraino e russo: quinto e primo esportatori mondiali del prezioso cereale

di Carlotta Zaccarelli

A metà marzo, oltre al danno umano (vittime e profughi) il c osto economico veniva già valutato in quasi 120 miliardi di dollari. A ciò  bisogna sommare gli effetti a lungo raggio del conflitto. Vale a dire quelli che si ripercuotono sui Paesi vicini e lontani al campo di battaglia: tra questi, la perdita di materie prime. In particolare, di grano. L’Ucraina è infatti il quinto maggior esportatore di grano al Mondo; la Federazione russa il primo. Insieme, producono un terzo del grano che si sposta nel Mondo per ragioni commerciali (e umanitarie).

Per la circolazione del grano russo, il problema maggiore è rappresentato delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale a Mosca. Per quella del cereale ucraino invece, il problema è ben più grave. Innanzitutto, gli scontri hanno colpito duramente il Sudest del Paese, dove si concentra la produzione di cereali. Il Donetsk e il Luhansk sono il granaio di Kiev, ma sono anche le due province separatiste la cui indipendenza è stata riconosciuta da Putin: sono inoltre il cuore delle battaglie. In generale poi, le campagne sono diventate teatri di scontro tra combattenti. I contadini e i loro dipendenti sono diventanti guerriglieri. I mezzi agricoli sono a volte usati come mezzi militari. Manca poi il carburante per farli funzionare. È difficile la raccolta del cereale che a breve crescerà nelle campagne. Gli analisti economici che si occupano di materie prime stimano che nei prossimi mesi possano andare perdute fino a 10milioni di tonnellate di grano, se i contadini ucraini non saranno in grano di curare i propri campi.

Sono le tonnellate che dovrebbero entrare nel mercato internazionale per coprire l’esaurimento delle scorte ora in commercio, che sono il raccolto del luglio 2021. La prossima stagione di semina, determinante per la fine dell’anno e per il 2023, dovrebbe iniziare ad aprile. Gli agricoltori sono però dubbiosi sul dà farsi, perché non sanno quanto ancora il conflitto durerà. Sono inoltre a corto di fertilizzanti, la maggior parte dei quali viene dalla Russia. A febbraio, Mosca ha infatti imposto il divieto di esportazione del nitrato di ammonio, il principale concime usato per crescere il grano. A questi fattori di incertezza, si aggiungono i problemi logistici.

Il trasporto della merce non è semplice né su gomma né via mare. Strade, ponti, ferrovie sono bloccate, danneggiate o distrutte dai bombardamenti: insicure. I porti sono fermi. Il Mar Nero e il suo Mar d’Azov, dove affacciano gli importanti scali di Odessa e Mariupol, sono diventati gli occhi del ciclone della guerra. I cargo merci sono impossibilitati a lasciarli e le principali compagnie di trasporto marittimo, tra cui l’italiana MSC, hanno sospeso qualsiasi trasporto merci da e per la regione: l’unica eccezione è costituita da materiali d’emergenza quali aiuti umanitari e attrezzature mediche. In questo modo, tuttavia, il cereale resta nei silos delle infrastrutture portuali. Lì, rischia di marcire perché i problemi alla fornitura d’energia (elettrica soprattutto) compromettono il funzionamento dei sistemi di ventilazione e di controllo della temperatura e, quindi, la possibilità di corretta conservazione della merce. Per avere un’idea del danno che l’interruzione al trasporto marittimo comporta, si pensi che nel 2020 il 95% del grano ucraino ha lasciato il Paese navigando le acque del Mar Nero. 1 – segue

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