di Raffaele Crocco
Dicono “è un diritto di Israele difendersi”. Come se fosse ancora il 1973, con la guerra del Kippur e gli stati arabi a tentare di invadere Israele e a ricacciarlo in mare. Quella storia del “pericolo” e del “diritto alla difesa” è stata sepolta dai trattati di pace, dal riconoscimento arabo all’esistenza di Israele, dagli accordi di Abramo del 2020. La menzogna del “diritto alla difesa” sta coprendo l’imperialismo dilagante e delirante della classe dirigente israeliana, coperta e protetta dagli interessi di Stati Uniti e Unione Europea. Quella in atto è l’ennesima violazione del diritto internazionale da parte di Israele. Non lo dico io. Lo dice l’Unifil, la missione militare dell’Onu che dal 2006 dovrebbe garantire la separazione fra Israele e gli Hezbollah. Il comando della missione, che conta anche su 1.200 militari italiani, in una nota scrive che “ogni sconfinamento in Libano viola la sovranità e l’integrità territoriale del Libano e viola la risoluzione 1701. I civili devono essere protetti, le infrastrutture civili non devono essere prese di mira e il diritto internazionale deve essere rispettato. Nonostante questo pericoloso sviluppo – ovvero l’inizio delle operazioni di terra delle Idf (l’Esercito Israeliano ndr) in Libano – le forze di peacekeeping rimangono in posizione”.
Lo scriveva ieri, su queste pagine, Emanuele Giordana. Se non abbiamo il coraggio di chiamare le cose per ciò che sono, finiamo per far vincere i cattivi. Perché le menzogne ci impediscono di mettere in campo soluzioni ragionevoli e giuste, quelle che portano alla convivenza, non all’omicidio di massa. Il governo di Tel Aviv, dall’ottobre del 2023, sull’onda di quella che alcuni governo hanno definito una “legittima rappresaglia” all’attacco subito da Hamas, ha messo in scena un omicidio continuato e plurimo. Nulla al Mondo, nessuna legge riconosciuta, nessuna convenzione internazionale, riconosce ad alcuno il diritto di uccidere migliaia di persone per raggiungere i propri obiettivi militari. La morte di 42mila palestinesi in un anno e di mille libanesi in una settimana sono un crimine che non ha alcuna giustificazione militare o politica.
Il governo Netanyahu va fermato, esattamente come vanno fermati i criminali incalliti, i boss mafiosi, i serial killer. Va fermato, perché ha sterminato migliaia di persone per inseguire un proprio, personale tornaconto. Va fermato, perché non c’è alcuna “difesa della patria” nell’andare nella terra altrui ad uccidere e a prendere possesso di ciò che non è tuo, come accade da 76 anni in Cisgiordania. Va fermato, perché mette in pericolo ogni essere umano di questo Pianeta.
La guerra che ha scatenato, contraltare all’altra follia dell’Ucraina, sta allargandosi. L’Iran ha già reagito bombardando Israele, missili sono caduti nello Yemen, in Siria. La Giordania è in stato d’allarme. Gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro presenza nel Vicino Oriente. E mentre tutto questo accade, Israele continua a negare ruolo alle organizzazioni umanitarie internazionali e allontana ogni possibile intervento dell’Onu e del diritto umanitario.
Di quanto accade in Libano sappiamo ancora poco. Così come non abbiamo mai saputo da fonti giornalistiche quello che accade a Gaza. Israele chiude le porte all’informazione, protegge i propri delitti con il silenzio. Sappiamo, però, che laggiù, nella Striscia, l’Onu ha dovuto alzare bandiera bianca, dichiarando di “non avere strumenti, mezzi e possibilità per aiutare la popolazione in fuga”. Un precedente che ci ha fatto tornare indietro di secoli e che in futuro affosserà la speranza di poter almeno imbrigliare la guerra, tutte le guerre, con regole che tutelino i civili. Israele, arrogante e razzista Paese che si dice “eletto di un dio”, ha ucciso anche questa speranza. E allora, non potremo più dare del criminale a Putin per ciò che fa in Ucraina. Non potremo più parlare di genocidio degli armeni, dei nativi americani o australiani. Inizieremo a far fatica anche a definire criminale il delirio nazifascista. Saremo di nuovo e per molto tempo nelle mani del più forte. Che scriverà la storia anche per noi.
In copertina una foto di Fabio Bucciarelli in Israele