La nebulosa elettorale della Libia

E la scelta di Stephanie Williams, la specialista che il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha voluto a Tripoli, scatena polemiche e minacce

di Gianna Pontecorboli da New York

“Faremo tutto il possibile per aiutare il popolo libico” ha promesso ieri, parlando con i giornalisti, il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. La sua generica promessa , purtroppo, e’ arrivata in un momento in cui tutto è di nuovo incerto per l’avvenire della Libia e per la stabilità dell’intero Mediterraneo. Durante il weekend scorso, è arrivata a Tripoli Stephanie Williams, la specialista che il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha scelto come sua rappresentante speciale nel Paese dopo le dimissioni dell’inviato speciale Jan Kubis e l’insuccesso del Consiglio di Sicurezza di nominarne uno nuovo a causa dell’opposizione della Russia.

Il suo arrivo sul campo, però, ha coinciso con una serie di avvenimenti tumultuosi, che hanno reso inevitabile un riinvio delle elezioni presidenziali programmate inizialmente per il 24 di dicembre e fatto temere un loro possibile annullamento. Mercoledi, diversi gruppi armati hanno circondato i palazzi governativi per protestare contro la sostituzione del comandante militare di Tripoli Abdul Masid Marwan , considerato troppo legato a Kalifa Haftar, con Abdel Gader Mansur, capo di una milizia vicina agli interessi turchi. La manifestazione si è poi conclusa senza le temute violenze, ma poche ore dopo Salah Badi, comandante di una delle milizie che l’avevano organizzata, ha spiegato su Facebook che le elezioni “non ci saranno fin quando ci saranno i nostri uomini” e ha accusato Stephanie Williams di aver avuto un ”ruolo criminale” negli anni passati. ”Non resterai nelle nostre terre”, l’ha minacciata.

Per Guterres. in realtà, la scelta della funzionaria statunitense e’ stata tanto ambiziosa quanto significativa. Laureata in studi arabici alla Georgetown University di Washington e perfettamente bilingue, la Williams ha una lunga esperienza diplomatica nella regione e ha lavorato in varie capacita’ in Siria, in Irak, in Giordania e negli Emirati Arabi. Negli ultimi anni, il suo impegno e’ stato soprattutto in Libia, dove è’ stata la vice e poi ha sostituito l’inviato speciale dell’Onu Ghassan Salame’ dopo le dimissioni di quest’ultimo a marzo del 2020. ”La sua forza sta nell’esperienza che si è guadagnata lavorando per oltre due anni sui problemi della Libia per conoscere la natura delle personalità politiche e capire che si oppone al percorso politico”, ha osservato l’attivista per i diritti umani Eman Arqeia.

Con la sua nomina in una posizione che, a differenza di quella dell’inviato, non richiede il voto del Consiglio di Sicurezza, Guterres ha per di più evitato una situazione di paralisi in un momento particolarmente delicato. ”Stephanie Williams condurrà i buoni uffici, gli sforzi di mediazione e gli impegni con le parti interessate regionali e internazionali libiche per dare seguito ai tre percorsi di dialogo a livello politico,economico e di sicurezza, sostenendo altresi’ lo svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari in Libia”, ha spiegato una nota diffusa dalla Missione delle Nazioni Unite in Libia, l’Unsmil. Per la diplomatica americana appena tornata a Tripoli con un compito impegnativo gli ostacoli sono apparsi subito enormi

Ancora nei giorni scorsi, il portavoce delle Nazioni Unite, nella sua conferenza stampa quotidiana, ha lodato gli sforzi della commissione elettorale libica per organizzare la registrazione dei votanti e superare le difficoltà tecniche legate al voto. ”Stephanie Williams lavorerà con le parti interessate in Libia per aiutarle a sostenere il momentum creato da una registrazione di votanti senza precedenti, una distribuzione delle carte di voto di successo e la registrazione di un alto numero di candidati presidenziali e parlamentari” ha spiegato. Gli osservatori internazionali, pero’ ,non condividono certo l’ottimismo di facciata che il Palazzo di Vetro si sforza di mostrare.

A ormai meno di due settimane dalle elezioni, la lista dei candidati e’ ancora incerta , confusa , e secondo molti vittima di corruzione e assenza di trasparenza. Ancor prima della manifestazione di mercoledi, il 7 di dicembre, un gruppo di manifestanti si era radunato di fronte alla sede dell’alta commissione elettorale per protestare contro la candidatura del secondogenito di Gheddafi, Seif Al Islam e di Khalifa Haftar. Mentre nel Paese sono ancora presenti oltre 20.000 combattenti stranieri, sia turchi che russi, ben poche sono le garanzie che le elezioni possano veramente fare una differenza per il futuro di un paese ancora profondamente diviso, nel quale la costituzione e’ ancora incerta e la popolazione civile e’ insicura e sfiduciata dopo oltre dieci anni di guerra civile.

Nei giorni scorsi,durante una riunione organizzata dall’ICDI ( International Center for Dialogue Initiative) Jamal Benomar, ex vicesegretario generale dell’Onu ed ex inviato speciale in Libia ha messo tutti in guardia contro i rischi di una consultazione elettorale frettolosa. ”Le elezioni non sono una panacea”,ha detto,”Le istituzioni di uno Stato non si materializzano quando le schede elettorali vengono depositate in un’urna . Di fatto, un’elezione affrettata rischia di inasprire il conflitto se il voto non e’ libero, giusto e credibile e non e’ percepito in questo modo dai libici”. In questo contesto problematico, tuttavia, non manca qualche segnale positivo.

Già in passato, Stephanie Williams ha avuto stretti contatti e trattative con tutti i rappresentanti delle varie fazioni, a cominciare dall’attuale Premier, Abdelhamid Dbeibah, che lei stessa ha convinto ad accettare l’incarico quando è stato formato il governo di unita’ nazionale. E soprattutto negli ultimi mesi la diplomatica si e’ impegnata a fondo per cercare di coinvolgere tutti i rappresentanti della società civile, a cominciare dai giovani, dalle donne e dai rappresentanti delle attivita’ economiche. Ancora ieri, incurante delle minacce, e’ riuscita a incontrare a Sirte il sindaco, un gruppo di anziani e di leader tribali,oltre ai rappresentanti di diverse organizzazioni della societa’ civile.

”Ciò che rende la crisi libica unica e’ che si tratta fondamentalmente di un conflitto per l’accesso e il controllo delle risorse. Questo è il motivo per cui abbiamo messo il percorso economico e finanziario allo stesso livello dei percorsi politico e militare. Questo e’ il fattore chiave sotto traccia del conflitto”, ha spiegato più volte. Per aiutarla nella sua missione, ora, cominciano a muoversi diversi partner importanti, a cominciare dall’Unione Europea che non ha mancato di segnalare il suo supporto. L’8 di settembre, ad esempio, tredici ministri libici e diversi funzionari hanno partecipato a una riunione promossa dall’UE, le Nazioni Unite e la World Bank per creare il Recovery and Peacebuilding Assessment (RPBA).

Durante la riunione, è stato creato un Comitato Tecnico per esaminare e promuovere i passi necessari per fare in modo che i risultati elettorali possano avere un effetto duraturo in sei aree specifiche. dal consolidamento delle istituzioni all’amministrazione dei fondi pubblici, dalla ricostruzione delle infrastrutture allo sviluppo sociale e umano. La vera forza della diplomatica, pero’, potrebbe venire da un governo che conosce bene e per cui ha lavorato a lungo. Dopo gli anni incerti di Trump, la stessa Williams ha ora raccontato in un’intervista di aver visto ”molta più coerenza” nell’amministrazione Biden. “C’è stata una disconnessione tra le varie agenzie statunitensi nell’ultima amministrazione”, ha spiegato parlando con l’Agenzia Nova,” Ora da Washington arriva in messaggio forte e questo e’ importante per i libici”. Per ora, comunque , tutto resta teso e incerto. Di elezioni, forse, si riparlera’ a gennaio.

Le foto:  Stephanie Williams e sotto  Abdelhamid Dbeibah

 

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