La piazza di Bangkok (aggiornato)

La Corte costituzionale assolve il Premier dal reato di corruzione ma la sentenza non ferma la piazza

Oggi  la piazza di Bangkok torna a riempirsi di persone che chiedono le dimissioni del Premier Prayut Chan-O-Cha in una giornata che lo ha visto  imputato davanti alla Corte costituzionale poiché continua a vivere in una magione dell’esercito pur essendo ormai un civile, dimessosi da generale proprio per rivestire il ruolo di Premier in abiti civili. L’attesa era gravida di tensione perché, se la Corte avesse dovuto riconoscerlo colpevole di aver violato leggi e codici di condotta etica, Prayut sarebbe stato  contestualmente spogliato della sua carica di Primo ministro. Ma non e’ andata cosi: e Prayut e’ stato assolto dalle accuse come forse era lecito immaginare. Davanti alla Corte non si potrà dimostrare ma la piazza si riempirà nella Lat Phrao intersection nel distretto di Chatuchak, in un quartiere famoso per il suo mercato all’aperto e che dista una decina di chilometri dal tribunale (pro e contro sulla sentenza si possono leggere in questo articolo del BangkokPost ).

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Fino a ora, fortunatamente, a parte qualche caso sporadico imputabile soprattutto a incidenti tra contestatori e gruppi di lealisti in camicia “gialla”, non c’è stata violenza nelle piazze, se si esclude la giornata dl 17 novembre che ha visto la reazione più dura da parte della polizia e sulla quale tredici organizzazioni di difesa dei diritti umani – tra cui Amnesty International, Human Rights Watch, Asia Democracy Network e Asian Forum for Human Rights and Development – hanno scritto al governo sollevando il problema.

Le manifestazione sono ormai ricorrenti e scelgono sempre dati e luoghi simbolici. Così è stato mercoledi scorso, quando il movimento Free Youth aveva convocato la piazza per marciare sulla sede del Crown Property Bureau, l’ufficio che gestisce i beni di proprietà della corona e che dal 2017 – per diretto volere del Re – è sotto il suo controllo: una scelta dell’attuale monarca Rama X, salito al trono nel 2016 alla morte del padre Bhumibol Adulyade, e che è stata avallata dal premier. La polizia aveva circondato l’edificio con barriere di filo spinato e sembrava pronta a difenderlo con ogni mezzo anche perché, nei giorni scorsi, Prayut era stato chiaro: il movimento rischia di diventare violento e quindi il governo, che esclude la legge marziale o un colpo di stato, utilizzerà però tutte le leggi del regno per contenere la protesta. I dimostranti hanno allora deciso di cambiare obiettivo spostandosi davanti alla sede della Siam Commercial Bank (Scb), nel distretto di Chatuchak, concludendo poco dopo le 9 di sera la manifestazione e dando un nuovo appuntamento per venerdi. Una scelta simbolica, visto che il Crown Property Bureau è uno dei principali azionisti della Scb. Quanto alla manifestazione di venerdi, protrattasi per tre giorni, l’evento doveva simboleggiare la protesta contro possibili golpe. Un’eventualità respinta prima della manifestazione anche dal capo delle Forze armate generale Narongphan Jitkaewtae.

Intanto la polizia sta cercando di usare la famosa legge che riguarda la diffamazione della monarchia, reato gravissimo per cui si rischia, anche solo per una frase, una condanna a 15 anni. Una dozzina di leader della protesta sono stai interrogati dalla polizia proprio sulla base dell’articolo 112 del Codice penale che punisce chi offende la casa reale. Che questo porti a un’incriminazione o a una condanna è presto per dirlo anche perché non sarebbe la prima volta che la magistratura dà torto agli investigatori di polizia. Ma il timore che la legge venga applicata in maniera diffusa, anche solo per creare un precedente e mettere in guardia chi scende in piazza, è più che reale in un Paese dove la monarchia gode effettivamente di un sistema legislativo di protezione che non ha eguali al mondo.

(Red/E.G.)

In copertina un’immagine della capitale. Nel testo il simbolo della Corte e sotto un’elaborazione artistica delle ormai famose papere gialle utilizzate dai dimostranti

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