La Resistenza civile di Palestina
Foto e testi: Leonardo Perugini
Giorno dopo giorno i palestinesi di Cisgiordania mettono in pratica vecchie e nuove forme di resistenza all’occupazione israeliana. Questo reportage racconta tre di queste esperienze.
La prima riguarda il quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, dove decine di abitanti tentano da anni di opporsi agli sfratti. Sfratti che hanno portato a proteste di massa – e conseguente repressione – e che sono stati, nel maggio 2021, una delle cause della ripresa del conflitto e di una nuova operazione militare su Gaza.
Un’altra esperienza ci porta nel villaggio beduino palestinese di Khan al-Ahmar, dove si trova la scuola di gomme, costantemente sotto attacco israeliano. L’ultima storia riguarda un esempio di resistenza che coinvolge le nuove generazioni: i volontari YAS (Youth Against Settlements) e la Gioventù di Sumud, due realtà impegnate in azioni non violente che hanno l’obiettivo di ridurre il potere dell’insediamento israeliano.
Foto 1 – Gerusalemme. Alcuni bambini palestinesi nella propria casa. Si stima che ogni anno vengano arrestati dal governo israeliano tra gli ottocento e i mille bambini palestinesi. Spesso i soldati israeliani fanno irruzione nelle case durante la notte e prendono i bambini, lasciando il documento di arresto ai genitori. I bambini di solito vengono torturati e maltrattati per far loro confessare crimini che non hanno mai commesso. Una volta ottenuta la confessione, vengono tenuti in galera o messi agli arresti domiciliari con un braccialetto elettronico che ne controlla i movimenti.
Foto 2 – Distretto di Silwan, Gerusalemme. Khaled, un palestinese, cammina sulle macerie della sua casa. È stato costretto a demolire la casa, che si trovava vicino a quella di suo padre, dove vive da più di 20 anni, perché considerata illegale dalle autorità israeliane. Il governo israeliano ordina frequentemente la demolizione di intere aree per motivi di sicurezza. I costi di demolizione sono molto alti, quindi spesso i proprietari preferiscono demolire le loro proprietà a mani nude. Così facendo i detriti rimangono lungo le strade trasformando quartieri come Silwan in luoghi fatiscenti. I cosiddetti “permessi del regime israeliano” regolano la libertà dei palestinesi, rendendo difficile e costoso ottenere i permessi di costruzione.
Foto 3 – Gerusalemme Est. Distretto di Sheikh Jarrah. Hatem, 70 anni, ha appena ricevuto un avviso di sfratto dal suo appartamento. Vive nel quartiere da più di 40 anni, con i suoi tre figli e le loro famiglie.
Foto 4 – Gerusalemme Est. Ritratto di Harem Abu Assab, negoziante palestinese, in piedi davanti al portone della sua ex casa, appena confiscata dall’esercito israeliano. Harem ha vissuto lì con sua zia per più di vent’anni. Tra le leggi che consentono all’autorità israeliana di confiscare le proprietà ai palestinesi vi è la cosiddetta “legge di terza generazione”, secondo la quale, dopo aver vissuto per tre generazioni in una casa costruita in territorio israeliano, la casa deve essere restituita al “legittimi proprietari”.
Foto 5 – Il villaggio di Kahan al Ahmar, Gerusalemme Est. Bambini giocano al tramonto. Citando il professor Mosleh Kananeh, la resilienza della resilienza è la capacità del popolo palestinese di sostenere gli enormi costi della resistenza e il dolore che provoca, perché è più forte della barbara macchina da guerra che sta affrontando.
Foto 6 – Villaggio di Khan al Ahmar, Gerusalemme Est. Ritratto di Aid Jahlin, capo villaggio. Tutt’intorno le bandiere degli stati e delle istituzioni che sostengono il campo, la cui esistenza è minacciata dagli insediamenti israeliani.
Foto 7 – Il villaggio di Kahan al Ahmar, Gerusalemme Est. Nel villaggio il tasso di disoccupazione è molto alto, perché i lavoratori palestinesi vengono rifiutati dalle fabbriche israeliane, con l’obiettivo di minare l’esistenza del villaggio e consentire l’espansione dell’insediamento di Kfar Adumim.
Foto 8 – Villaggio di Khan al Ahmar, Gerusalemme Est. Un bambino gioca a nascondino davanti alla “Scuola di Tiro”. La scuola è stata costruita dalla Ong italiana “Vento di Terra” come luogo coperto e sicuro dove i bambini possono studiare. La comunità beduina di Jahalin vive nel villaggio, mentre a pochi metri incombe un insediamento israeliano. Israele si oppone fortemente alla vita del villaggio impedendo la libertà di movimento dei suoi abitanti. Nel 2018 Israele ha ordinato la demolizione del villaggio che, in seguito, è stata rinviata.
Foto 9 – Tula/At-Tuwani. Alcuni bambini stanno percorrendo l’unica strada che collega il villaggio di Tula alla più vicina scuola di At-Tuwani. Lungo la strada sorge un insediamento israeliano: i coloni spesso minacciano gli studenti con insulti o pietre. Dopo un pericoloso incidente accaduto a un volontario americano l’esercito israeliano dovrebbe scortare i bambini a scuola ma non sempre succede. A volte gli studenti sono costretti ad aspettare ore prima di poter tornare a casa. L’insediamento israeliano è considerato illegale dal diritto internazionale.
Foto 10 – At-Tuwani. Alì sta controllando i suoi ulivi dopo che gli israeliani li hanno distrutti. Alì è nato a Tula, un piccolo villaggio nelle colline a Sud di Hebron, vicino all’insediamento israeliano di Ma’on. È un membro della “Gioventù di Sumud”, un’organizzazione di giovani palestinesi che credono che solo una resistenza pacifica possa porre fine all’occupazione israeliana. Mettono in pratica ogni giorno azioni non violente per ridurre il potere dell’insediamento israeliano: fanno pascolare animali in terre illegalmente occupate, intraprendono azioni legali e recuperano e vivono nelle grotte del vecchio villaggio di Samura. Le loro azioni hanno avuto un’alta attenzione mediatica e hanno portato Israele a riconoscere “la loro esistenza”.
Foto 11 – Valli Kharrouba. Un pastore palestinese sta pascolando le sue pecore vicino all’insediamento israeliano di Havat ma’on (l’insediamento è considerato illegale sia dal diritto internazionale che dal governo israeliano) per non perdere porzioni di territorio.
Foto 12 – Villaggio Sarura. I volontari YAS (Youth Against Settlements) aiutati da alcuni locali stanno restaurando le vecchie case palestinesi evacuate nel 1998.
La storia del reportage
Il reportage è stato realizzato da Leonardo Perugini nei territori della Cisgiordania nel 2019.