La sfida clima passa da Bonn

I cambiamenti climatici tornano nell’agenda internazionale con un nuovo summit.
Dopo Parigi e New York la sede scelta è Bonn, che dal 6 a 17 novembre ospiterà i delegati dei 197 Paesi del mondo per il 23esimo vertice Onu sul clima.

Il summit non si apre con scenari rosei dopo che l’Organizzazione meteorologica mondiale ha segnalato un livello di concentrazione di anidride carbonica in atmosfera mai registrato prima.
Nel 2016, infatti, la concentrazione atmosferica di CO2, il principale gas ad effetto serra di lunga durata, ha raggiunto le 403,3 parti per milione, sopra le 400 raggiunte nel 2015.

Il livello altissimo di CO2 (il 145% di quanto era in epoca pre-industriale) si è tradotto in un innalzamento della temperatura nell’Oceano Pacifico, che ha provocato siccità e violenti fenomeni atmosferici.

“E le generazioni future – ha avvertito il segretario generale dell’Organizzazione, il finlandese Petter Taalas – erediteranno un pianeta molto meno ospitale”

“I numeri non mentono – ha detto Erik Solheim, responsabile dell’agenzia Onu per l’ambiente – Le nostre emissioni continuano ad essere troppo elevate e dobbiamo invertire la tendenza. Abbiamo molte soluzioni a questa sfida, manca la volontà politica”.

Da questi dati preoccupanti il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) ha aggiornato le sue stime sul gap tra la riduzione di gas serra necessaria a centrare gli obiettivi stabiliti a Parigi nel 2015 e i tagli promessi dagli Stati. Dagli impegni presi risulta infatti ad oggi altamente improbabile centrare l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi.

Sono sei gli ambiti di intervento su cui il programma dell’Onu punta per ridurre le emissioni di 22 miliardi di tonnellate l’anno: energia solare ed eolica, elettrodomestici ad alta efficienza, auto con motorizzazioni efficienti; afforestamento (la trasformazione in zone forestali di terreni che storicamente non contenevano foreste), l’interruzione della deforestazione e l’utilizzo di tecnologie che permettono un maggior assorbimento di anidride carbonica.
E’ inoltre necessario non avviare nuove centrali a carbone e portare allo spegnimento quelle esistenti.

Per raggiungere questi obiettivi è ovviamente necessario l’impegno degli Stati, a partire da Cina e Stati Uniti, responsabili di circa il 35% della CO2 emessa ogni anno nel pianeta.

In questo contesto pesa l’uscita dagli accordi di Parigi promessa da Donald Trump e il fatto che solo Cina, India, Giappone, Germania, Francia, Italia e Regno Unito del gruppo G20 siano in linea con il percorso che li porterà a centrare gli obiettivi di taglio delle emissioni.

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