L’Asia guida la classifica del commercio delle armi

Aumenta l’export verso il quadrante indo-pacifico. Gli Usa restano in testa alla lista mentre Mosca vende meno perché ne ha bisogno in casa. E tra chi guadagna di più Roma e Seul si contendono la palma. I dati del Sipri

di Emanuele Giordana

Bangkok – L’Asia orientale è in testa alla classifica del commercio mondiale delle armi dominata dagli Stati Uniti e da una corsa al riarmo europeo. Asia e Oceania hanno ricevuto il 41% dei principali trasferimenti di armi nel 2018-22. E’ una quota leggermente inferiore rispetto al 2013-17 che rientra in una generale diminuzione del livello globale dei trasferimenti internazionali di armi, un decremento di oltre il 5%. Ma il calo complessivo non deve trarre in inganno, come lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) ha spiegato alcuni giorni fa in una dettagliata analisi sul mercato mondiale degli armamenti dove hanno inciso pandemia, problemi di logistica e cambio di priorità per la guerra ucraina.

Visti da Bangok, sono dati che illuminano una scena – quella indo pacifica – dove i numeri danno la dimensione di quanto delicato sia diventato il quadrante orientale dove sei Stati sono tra i dieci maggiori importatori a livello globale nel 2018-22: India, Australia, Cina, Corea del Sud, Pakistan e Giappone. Quadrante con una guerra in corso in Myanmar, mercato che è difficile sondare perché rigorosamente occultato nonostante le parate con carri, aerei e blindati di marca russa o cinese. Un buco nero che rientra a fatica nei dati Sipri anche perché è un conflitto oscurato da quello in Europa. Un’Europa che ha comunque aumentato la sua quota di acquisti del 47% negli otto anni che vanno dal 2013 al 2018.

Stoccolma spiega che le importazioni di armi dei soli membri europei della Nato sono aumentate del 65% mentre il livello globale dei trasferimenti internazionali di armi è diminuito del 5,1%. Le importazioni di armi sono diminuite complessivamente ovunque ma, come abbiamo visto, i maggiori attori in questa fetta di mondo (Cina, India, Australia e Giappone) continuano ad armarsi. Sono in buona compagnia: la quota degli Stati Uniti nelle esportazioni globali di armi è aumentata dal 33 al 40%. Quanto ai cinesi, Pechino ha da poco annunciato un aumento del 7,2 percento del suo budget per la difesa, un dato i cui effetti troveremo nei dati Sipri del 2024: per l’ottavo anno consecutivo aumenta la percentuale di spesa militare del secondo budget militare del pianeta. L’export russo segna invece una diminuzione del 31% tra il 2013-17 e il 2018-22 mentre la sua quota di esportazioni globali di armi si è ridotta di 6 punti percentuali.

“Anche se i trasferimenti di armi sono diminuiti a livello globale, quelli verso l’Europa sono aumentati notevolmente a causa delle tensioni tra la Russia e la maggior parte degli altri Stati europei”, ha detto ieri a Stoccolma Pieter Wezeman, ricercatore del SIPRI Arms Transfers Programme: “Dopo l’invasione russa, gli Stati europei vogliono importare più armi e più velocemente. La competizione strategica continua anche altrove: le importazioni di armi verso l’Asia orientale – ha ribadito – sono aumentate e quelle verso il Medio Oriente rimangono a un livello elevato”.

Secondo il Sipri è probabile che la guerra ucraina limiterà ulteriormente le esportazioni di armi di Mosca che “darà la priorità alla fornitura delle proprie forze armate” mentre “la domanda da parte di altri Stati rimarrà bassa a causa delle sanzioni commerciali e per la crescente pressione da parte di Usa e alleati affinché non si acquistino armi russe”. Quanto all’Ucraina, in seguito agli aiuti militari di Stati Uniti ed Europa dopo l’invasione, Kiev è diventata la terza maggior importatrice di armi importanti nell’anno passato (dietro a Qatar e India). E l’Italia? Tra i primi sette esportatori di armi dopo Usa, Russia e Francia, cinque Paesi hanno registrato un calo dell’export mentre due portano a casa forti incrementi: Italia (+45%) e Corea del Sud (+74%).

In copertina una mappa dell’area indo-pacifico

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