di Tommaso Andreatta
Prendete tutto quello che avete, tutto ciò che sia facilmente trasportabile e mettetelo in un borsone o in uno zaino o in un fagotto. Poi abbandonate casa, immaginando di non fare più ritorno. Niente macchina, si va a piedi. Poi, se va bene, si riesce a mettersi al sicuro in un Paese più “solido” e, se va benissimo, si raggiunge la costa e da lì ci si mette su un barcone. Direzione Europa. Non facile, anche solo da pensare. A fine 2016 si sono contati 65,6 milioni di persone costrette a lasciare la propria abitazione a causa di guerre, violenze e persecuzioni: 300.000 persone in più rispetto al 2015. Sono questi i dati del rapporto Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
«In media nel mondo, una persona ogni 113 è costretta ad abbandonare la propria casa». È una crisi planetaria che si somma al dramma, connesso, del Mediterraneo, dove dall’inizio di quest’anno si registrano più di 2.000 morti.
In Italia, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato – riporta l’Ansa – il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato che la questione tocca direttamente i valori della Costituzione, facendo notare che non sono ammissibili atteggiamenti di «indifferenza se non ostilità verso le vittime di tragedie dell’umanità che si sviluppano ai confini dell’Europa».
Nella stessa occasione la presidente della Camera Laura Boldrini ha parlato della necessità, per l’Europa, di non tradire se stessa, sconfiggendo la paura di questi flussi migratori. «Gridare all’emergenza non serve. Serve lavorare con più determinazione alla soluzione dei problemi, che sono alla base di questa gigantesca migrazione forzata. Le cause le conosciamo bene: vecchie guerre che si trascinano da anni e nuovi conflitti; regimi dittatoriali che calpestano i diritti umani; cambiamenti climatici che provocano alluvioni e siccità. Problemi che richiedono anche un attivo protagonismo dell’Europa».
Ma l’Europa cosa fa per Paesi come l’Italia che devono gestire l’emergenza immigrazione? Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha dichiarato: «Per quanto riguarda gli sbarchi dei migranti irregolari, la situazione resta critica ed è vero che abbiamo adottato le buone misure che erano necessarie, ma l’unico risultato che ci interessa è porre fine definitivamente a questa situazione tragica».
Per ora siamo alle dichiarazioni di intenti, alle buone intenzioni. Parole dense, ma pur sempre parole mentre si continua a rimandare una decisione, sono venute dalla cancelliera tedesca Angela Merkel: «Ci sono progressi costanti nella lotta contro le cause dell’immigrazione e la questione delle frontiere esterne» ma «purtroppo non ci sono progressi nella questione della ripartizione interna all’Ue», ha poi detto Merkel, secondo la quale «la solidarietà tra Paesi Ue è una questione importante», anche se – riporta La Repubblica – progressi a breve «non sono possibili».
Il presidente Emmanuel Macron ha ammesso che, in materia di solidarietà, non c’è stato equilibrio: «Sia sui migranti che nella crisi economica, di fronte a Paesi colpiti da “shock asimmetrici” e anche sui migranti è stata la stessa cosa: non abbiamo ascoltato l’Italia sull’ondata di migranti che stava arrivando (…). Servono regole comuni Ue sia che si tratti della Rotta balcanica sia di quella dalla Libia. Per la cancelliera Merkel «tutti gli Stati membri» devono mostrarsi solidali. Finora il carico è sulle spalle di pochi, Italia i prima fila.
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