Le pulci all’Onu di Ban Ki-moon

di Ilario Pedrini
L’Onu ha un nuovo segretario Antonio Guterres, ex premier portoghese ed ex Alto Commissario per i rifugiati. È stato nominato per acclamazione dal Consiglio di Sicurezza, racconta l’Ansa. «Congratulazioni ad Antonio Guterres per la sua nomina. Lo conosco bene e lo considero una scelta superba”, ha commentato il segretario generale uscente Ban Ki-moon. Ma è proprio lui, ora, a dover fare i conti con le critiche. C’è chi si è messo a guardare cosa ha fatto e cosa non ha fatto nei suoi anni alla guida del Palazzo di Vetro. «Il segretario generale – scrive Nigrizia – non è riuscito a trasformare l’Africa e i Paesi africani da destinatari (e sperabilmente beneficiari) delle politiche e dei fondi destinati allo sviluppo sostenibile, all’ambiente, alle nuove tecnologie, in protagonisti dell’auspicata nuova fase dello sviluppo economico». Una bacchettata arriva però anche ai chi governa nei Paesi del Continente Nero: «In questi anni, il ceto politico e in generale le élites africane hanno fatto ben poco per guidare con l’esempio i cambiamenti che il paradigma dello sviluppo sostenibile impone. L’Africa continua a proporsi come un continente – terre e popoli – da sfruttare. La bolla retorica cresciuta negli anni scorsi che celebrava le meraviglie dell’economia informale e l’impetuosa creatività dell’imprenditoria africana si è sgonfiata rapidamente. Qualche anno di petrolio a basso prezzo hanno ridimensionato i giganti Nigeria e Sudafrica e precipitato nell’abisso paesi come il Sud Sudan. L’Onu ha responsabilità in tutto questo? Certo, non è stato in grado di tradurre in politica le tante diagnosi allarmate che le sue agenzie e lo stesso Unpd (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) hanno prodotto». La «bordata» più importante riguarda il versante pace e sicurezza: «Gli ultimi anni sono stati davvero tormentati per l’Onu. Irrilevante sulle maggiori minacce (nucleare iraniano; guerre in Siria, Libia, Yemen; conflitto in Ucraina e annessione di fatto della Crimea…). In Africa ha dovuto agire di supporto a un meccanismo – quello dell’Unione africana – tanto impeccabile sulla carta quanto inefficiente all’atto pratico. Ban si è speso molto per avviare operazioni di pace in Repubblica Centrafricana, sostenere il peacekeeping rinforzato in Rd Congo, dispiegare un numero cospicuo di peacekeeper – compresi soldati cinesi: una novità quasi epocale! – in Sudan e Sud Sudan. Ma i risultati politici sono stati scarsi. Sia sul terreno, sia sul piano politico generale. Basti vedere chi sono oggi i membri del Consiglio di pace e sicurezza dell’Unione africana. Ne fanno parte – senza tener conto di Nigeria e Sudafrica, ormai suoi “membri permanenti” – stati come Algeria, Uganda, Rwanda, Burundi…, che quanto a coniugare pace, sicurezza, diritti umani e stato di diritto, sembrano ben lontani da quanto affermano gli articoli della Carta dell’Unione e il Protocollo del 2002. La rivista che accompagna lo sviluppo delle attività dei missionari comboniani ha passato a i raggi x l’Era Ban Ki-moon. Lo ha fatto affidandosi all’analisi di Paolo de Stefani, del Centro diritti umani dell’Università di Padova: «Nei dieci anni di Ban Ki-moon, l’Onu ha sperimentato soprattutto sconfitte, delusioni, e qualche gaffe. Molti di questi fiaschi hanno riguardato l’Africa. Tanto che le distanze tra l’Africa – o meglio i governi africani – e l’Onu sembra si siano allargate invece di restringersi. L’Unione africana, in particolare, pare coltivare un certo risentimento verso l’Onu, madre-matrigna: la vicenda della corte penale internazionale è abbastanza indicativa di questa latente ostilità». L’esperto accademico però alla fine salva l’ex segretario: «Ma l’Onu di Ban Ki-moon ha avuto il coraggio di battersi – e di uscirne con le ossa dolenti – su quasi tutti i fronti. Non ha ceduto all’isolazionismo, anche a costo di mettere in mostra la propria impotenza. E da queste sconfitte l’Onu del futuro potrà imparare molto». Pare di capire che il nuovo segretario, se saprà muoversi bene, potrà raccogliere maggiori consensi e ottenere più successi del suo predecessore, anche se – si legge sempre su Nigrizia – qualche passo in avanti in questi anni è stato fatto: «Ban ha anche piazzato un discreto numero di dirigenti donna, e collocato all’alto commissariato ai diritti umani (Zeid Ra’ad Al Hussein) e ai rifugiati (Filippo Grandi), persone di ottimo livello. Inoltre, c’è stato un primo approfondito audit sulla corruzione all’interno dell’organizzazione – e su questa strada, così come sulla questione di una maggiore assunzione di responsabilità per le malefatte dei peacekeeper, il cambio di orientamento pare irreversibile».
foto tratta da www.eleftherostypos.gr

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