Libertà per Gabriele Del Grande, l’appello

La Redazione
E’ ancora in stato di fermo Gabriele del Grande, giornalista e documentarista bloccato nel centro di detenzione amministrativa di Mugla, sulla costa egea meridionale della Turchia.
 
Il giornalista, autore di Fortress Europe e del documentario Io sto con la sposa, era stato fermato domenica 9 aprile durante un controllo nella provincia di Hatay, vicino al confine con la Siria.
 
Si trovava in zona per lavorare al suo ultimo progetto, Un partigiano mi disse, il suo nuovo libro incentrato sul conflitto e la nascita dell’Isis. Un lavoro di libera informazione, così come nello stile di Del Grande, non gradito alla Turchia.
 
Dopo giorni di silenzio ieri Gabriele ha potuto telefonare alla famiglia annunciando l’inizio dello sciopero della fame.
 
Come Gabriele del Grande ad oggi sono altri 149 i giornalisti detenuti in Turchia, paese sempre più buio dal punto di vista della libertà, non solo di stampa.
 
Molti sono stati arrestati durante lo stato di emergenza dichiarato dopo il fallito golpe del 15 luglio. La maggior parte sono finiti in manette per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen o con l’accusa di “propaganda terroristica” a favore del Pkk.
 
Come Atlante delle guerre e dei conflitti, come giornalisti, come attivisti e cittadini sottoscriviamo gli appelli che stanno mobilitando l’Italia in queste ore per l’immediata liberazione di Gabriele Del Grande, fermato solo e soltanto per aver tentato di svolgere il proprio mestiere.
 
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha confermato la manifestazione organizzata per il 2 maggio, vigilia della Giornata mondiale della libertà di stampa, nel corso della quale saranno letti i nomi dei giornalisti, turchi e non solo, attualmente in carcere in Turchia.
 
Il fermo di del Grande arriva nei giorni successivi alla vittoria del sì al referendum costituzionale tanto voluto da Erdogan quanto discusso in Europa.
 
Con la riforma approvata domenica scorsa si aumentano infatti i poteri del Presidente della Repubblica e si restringono  quelli del Parlamento. L’esecutivo sarà così totalmente concentrato nelle mani del presidente e sparirà la figura del premier.
Il capo dello Stato sarà eletto direttamente dal popolo, come sancito dal referendum costituzionale del settembre 2010. Avrà l’autorità per proporre leggi e rimettere al Parlamento disegni di legge chiedendone la revisione. Il presidente della Repubblica acquisirà la funzione di nomina e destituzione di vicepresidenti, ministri e funzionari governativi, ma soprattutto il potere di emettere decreti legislativi su argomenti normalmente di competenza del governo, con l’esclusione di materie relative a libertà fondamentali e diritti civili e politici.  Il Parlamento, invece,potrà solo richiedere informazioni, indire riunioni per discutere le azioni dell’esecutivo e del capo dello Stato, potrà sollecitare risposte da parte dei singoli ministri con domande poste per iscritto. Viene inoltre abolita la mozione di sfiducia del Parlamento nei confronti di presidente ed esecutivo. 

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