di Andrea Cegna
Città del Messico – “La sentenza del tribunale che impedisce a Evo Morales di candidarsi alle elezioni del 2025 è una misura che non risolverà il conflitto interno al Movimento al Socialismo (MAS). In altre parole, la polarizzazione, anzi più che la polarizzazione la divisione che esiste all’interno del MAS, è arrivata a un punto in cui non si tratta più della sopravvivenza del partito in quanto tale, ma piuttosto sembra che ci sia l’intenzione di indebolire ancora di più ciò che il MAS è. Il conflitto tra Arce (Luis Arce, attuale Presidente boliviano, espulso dal partito in ottobre) ed Evo Morales (ex Presidente e fondatore del MAS) non è quindi destinato a finire”. Sono le parole di María Sandra Ochoa Ramos, donna aymara, attiva nel movimento indigeno delle Ande boliviane, educatrice popolare, ricercatrice di educazione decoloniale e studi critici urbani. È direttrice dell’Espacio de Crianza Qhantatayita, è associata alla storia di tessitura comunitaria Warmi Huaco, Paka Muyu e al Taller de la Descolonización. Da parte sua Evo Morales, forse dimenticando che quando promosse il referendum di modifica costituzionale per modificare l’articolo che impedisce di essere eletti come presidente per più di due perse la consulta e quindi forzò la costituzione ri-candidandosi, dice che i magistrati del Tribunale Costituzionale Plurinazionale (TCP) hanno modificato la Costituzione politica dello Stato per cancellare la sua candidatura dalle elezioni.
Ha aggiunto che lui e la sua base sociale e politica stanno pianificando una marcia a La Paz per far modificare la sentenza. In questo scenario l’ex Presidente ha un mandato d’arresto, non eseguito, per violenza sessuale su minori. “La situazione socio-politica in Bolivia è molto tesa” ricorda María Sandra Ochoa Ramos. “La situazione economica è molto delicata – continua – e l’inflazione è in crescita, per un verso per le influenze internazionali, per un altro per gli effetti del golpe del 2019. Dobbiamo dire che la Bolivia soffre azioni macro-economiche che hanno l’obiettivo di attaccare il governo”. In questo scenario “sia Arce sia Morales vogliono bloccare la radicalità dei movimenti. C’è grande malcontento e incertezza anche all’interno dello stesso partito. Per il momento non ci sono forti movimenti per un cambio di passo, ma chissà, nelle prossime settimane lo vedremo”.
Maria Galindo, attivista femminista e parte del collettivo Mujeres Creando, guarda in maniera più ampia a quanto sta accedendo, per lei “si tratta di una crisi congiunturale, una crisi complessiva del sistema dei partiti in Bolivia. E direi non solo in Bolivia, ma almeno nel continente, se non nel mondo intero. È una crisi della democrazia rappresentativa liberale. Questo è ciò che esprime il conflitto tra Arce ed Evo”. Per Maria Galindo è facile pensare che questa sia “la fine del Movimento al Socialismo. E’ molto importante, però, capire che più che la sua fine si tratta di un suo declino. Ciò non significa che la sua agenda originaria sia morta. Parlo dell’agenda delle richieste popolari, di quelle sociali legate ai movimenti in difesa della terra, della plurinazionalità”. In questo momento per l’attivista femminista “ tutte le forme di femminismo dovrebbero passare dalla richiesta di diritti per le donne alla proposta di diritti per la società nel suo complesso”. Galindo ricorda che il MAS per anni “si è dedicato a combatterci e perseguitarci mentre si presentava pubblicamente come un movimento che tra le sue fila aveva donne femministe”.
In questa fase di profonda crisi economica, politica e sociale, la destra prova a guadagnare spazio. Lo fa, ricorda Galindo, sposando “la causa di stupro contro Evo Morales”. Allo stesso tempo ricorda “ma stanche di sentirci dire che siccome la destra sta usando tale causa noi femministe dovremmo tacere o ignorarla nonostante in questo paese sia impossibile per le giovani donne fare una denuncia formale”. E su quanto sta facendo la destra per approfittare dello scontro Morales-Arce è chiara María Sandra Ochoa Ramos che sottolinea che il lento lavorio dell’opposizione è corso dal 2010 “dopo l’approvazione della Costituzione politica dello Stato. La destra è stata in grado di adattarsi molto bene, non dobbiamo pensare ad un destra isolata perchè è in dialogo ed interconnessioni con le altre destre regionali e gode del sostegno dell’ambasciata statunitense. Sono convinta che entro le elezioni 2025 emergeranno sicuramente una serie di discorsi “libertari” come nel caso dell’Argentina. Non dimentichiamo che stanno iniziando a prendere in prestito gli stessi slogan usati da Milei per la sua campagna elettorale”.
Uno scenario fosco e tetro quello boliviano. Il paese viaggia verso un futuro incerto e la vittoria di Trump/Musk nelle elezioni USA del 5 novembre potrebbe aggiungere complessità. Il tutto poi si inserisce in una più generale crisi, e fine, delle prospettive delle sinistre riformiste e progressiste in tutto il mondo. Il capitale, le sue ramificazioni, e le pressioni internazionali esigono svolte autoritarie e limitazione degli spazi democratici, in questo anche le “democrazie liberali” potrebbero essere arrivate al dunque. Lo scontro per il potere tra Arce e Morales è per di più l’emblema del fallimento politico, economico e sociale del Mas ma anche dell’incapacità delle sinistre latinoamericane, di quelle che han cercato una via “altra”, di emanciparsi dalle logiche del potere e creare un’alternativa solida di fronte agli attacchi, anche culturali, del capitalismo.
In copertina: Evo Morales (lic. Shuttelstock). Nel testo, Luis Arce in una foto ufficiale boliviana