L’inizio dell’offensiva terrestre israeliana e l’esodo di massa da Gaza City

Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti

di Giacomo Cioni

La guerra nella Striscia ha superato una nuova soglia: l’Idf (Forze di difesa israeliane) ha ufficialmente avviato l’offensiva via terra su Gaza City, cuore politico e simbolico della Striscia. Le ultime ore sono state scandite da bombardamenti incessanti e da un numero crescente di vittime. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, almeno 17 persone sono state uccise dall’alba di oggi, tra cui sette a Gaza City e tre membri di una famiglia in una tenda di sfollati colpita a Khan Yunis. Il giorno precedente, il bilancio era stato ancora più tragico: 106 morti in un solo giorno, di cui 91 nella sola Gaza City, come riportato da Al Jazeera citando fonti ospedaliere.

Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti. Nelle stime diffuse stamattina, l’Idf parla di 400.000 civili evacuati da Gaza City dall’inizio delle operazioni. Il premier Benjamin Netanyahu aveva già annunciato ieri che circa il 40% della popolazione aveva lasciato la città, mentre nelle ultime 48 ore il ritmo delle fughe è aumentato fino a decine di migliaia di persone al giorno. Prima della guerra vivevano a Gaza City circa un milione di abitanti: il colpo demografico è enorme e l’emergenza umanitaria si aggrava di ora in ora. Per agevolare lo sfollamento, l’esercito israeliano ha annunciato stamattina l’apertura di una seconda via di evacuazione, lungo Sala-al-Din Street, disponibile da mezzogiorno di oggi fino a mezzogiorno di venerdì. Tuttavia, fonti locali riferiscono che i bombardamenti proseguono anche in prossimità dei corridoi annunciati, rendendo difficile e pericoloso il movimento dei civili.

La città, cuore amministrativo e militare della Striscia, è ora al centro di un assedio combinato: bombardamenti aerei, attacchi da terra e dal mare. L’obiettivo dichiarato di Israele è la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas, comprese le reti sotterranee di tunnel, e la conquista dei quartieri strategici. Ma i racconti che arrivano da medici e residenti parlano di ospedali ormai al collasso, mancanza di medicinali e carenza di elettricità e acqua potabile. Le immagini diffuse dai media palestinesi mostrano colonne di sfollati che si muovono a piedi verso sud, famiglie intere con bambini piccoli che abbandonano case ridotte in macerie. In diversi casi, i rifugi stessi sono stati colpiti: l’attacco alla tenda di sfollati a Khan Yunis ne è l’ultimo esempio.

Per il governo israeliano l’operazione è presentata come una ‘necessità strategica’ per garantire la sicurezza del Paese e liberare gli ostaggi ancora detenuti da Hamas. Tuttavia, non mancano le pressioni interne: migliaia di israeliani hanno protestato ieri sera davanti alla residenza del premier Netanyahu a Gerusalemme, chiedendo maggiore impegno per il rilascio degli ostaggi e accusando il governo di mettere a rischio le vite dei civili e la stabilità nazionale. La società israeliana vive così un doppio binario: da un lato il sostegno a una campagna militare durissima contro Hamas, dall’altro la crescente paura per la sorte degli ostaggi e il timore di un conflitto senza sbocchi.

In parallelo, lo scenario regionale registra segnali di tensione crescente. Stamattina le autorità iraniane hanno annunciato di aver giustiziato un uomo accusato di spionaggio a favore del Mossad. La notizia, riportata dall’agenzia Mers, evidenzia come la guerra a Gaza abbia ormai ricadute dirette negli equilibri di potere mediorientali, con Teheran e Tel Aviv che incrociano la loro rivalità anche sul terreno dell’intelligence e delle operazioni clandestine.

Al di là della dimensione geopolitica, è la popolazione civile a pagare il prezzo più alto. Gli sfollati si accalcano in scuole, moschee, campi improvvisati. Le agenzie umanitarie denunciano che non esistono vie sicure né rifornimenti adeguati di acqua, cibo e carburante. La scarsità di generatori elettrici e la chiusura di numerosi ospedali per mancanza di personale o di attrezzature rischia di trasformare la crisi sanitaria in catastrofe. Secondo l’Onu, senza pause umanitarie immediate la situazione potrebbe degenerare in epidemie e carestia. Ma le richieste di cessate il fuoco temporanei, avanzate da più parti, restano per ora senza risposta.

L’inizio dell’offensiva terrestre segna un passaggio chiave, ma anche il rischio di una spirale incontrollabile. Gli analisti avvertono: combattere in un ambiente urbano come Gaza City comporta costi altissimi in termini di tempo, perdite e danni ai civili. Ogni avanzata può alimentare nuove ondate di sfollati e un odio sempre più radicato. La comunità internazionale oscilla tra appelli alla moderazione e discussioni su possibili sanzioni contro Israele, mentre i paesi arabi tentano mediazioni. Ma finché la logica delle armi avrà il sopravvento, Gaza resterà il teatro di una tragedia senza soluzione a breve termine.

*Foto Shutterstock

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