L’intelligenza dell’uomo, l’intelligenza del virus

Il coronavirus è una tragedia, non è una guerra. I sanitari che lo contrastano non sono eroi, sono persone serie che fanno fino in fondo il loro mestiere. L'editoriale di Raffaele Crocco

di Raffaele Crocco*

Non amo questa ennesima, stupida retorica della guerra. Il coronavirus è una tragedia, non è una guerra. I sanitari che lo contrastano non sono eroi, sono persone serie che fanno fino in fondo il loro mestiere. E gli italiani che restano a casa non fanno resistenza al nemico: sono solo intelligenti. Stanno al sicuro per evitare il contagio. Il virus non lo sconfiggeremo in una battaglia campale o fra le macerie di un città. Solamente impareremo a conviverci, come col milione di malattie che, come esseri umani appartenenti al Mondo, ci portiamo appresso da sempre.

L’unica comunanza  fra “guerra” e coronavirus è nel fatto che, questa crisi, ha messo a nudo le carenze del sistema e di una parte della classe dirigente. Esattamente come fece – in questo Paese – la Seconda Guerra Mondiale, capace di rivelare l’imbecillità evidente, l’incapacità intellettuale e la pochezza morale di Benito Mussolini e del fascismo.

E’ tutto semplice. E’ tutto già scritto. Come abitanti del Pianeta ci siamo passati milioni di volte e – udite, udite – ci toccherà ripassarci per altri milioni, almeno sino a quando esisteremo come specie. Sarebbe come pensare e pretendere che i terremoti cessino, che le eruzioni vulcaniche diventino un ricordo, che ogni tipo di accidente naturale – valanghe, inondazioni, cambiamenti – diventi memoria.

Il problema è proprio questo, abbiamo costruito un qualcosa che non c’è. Abbiamo creato un Mondo fondato su due pilastri: la nostra – come esseri umani – invincibilità e la nostra – come singoli individui -immortalità. Non ci rendiamo più conto che siamo fragili, come è fragile tutto nel Pianeta. Non contrasteremo mai l’evolversi della natura e l’intelligenza della vita. Possiamo solo adattarci, viverci accanto e assieme, trovando equilibri e strumenti di sopravvivenza. Esattamente come fa ogni specie. Esattamente come fanno i virus, che continuano a far parte della nostra vita. Non siamo invincibili.

Non siamo immortali. Non viviamo in eterno e non veniamo uccisi solo dalle malattie che scegliamo come “ufficialmente mortali”, che ne so il cancro o l’infarto. Veniamo uccisi anche da malattie che si espandono e ci usano per vivere loro. I virus fanno esattamente quello che noi facciamo al Pianeta: ci sfruttano, ci usano come risorsa per vivere e moltiplicarsi. E quando non serviamo più, ci buttano via. Lo avevamo dimenticato, nonostante secoli di peste, morbillo, colera. Ora il coronavirus ce lo ricorda e ci fa notare che abbiamo costruito un sistema sanitario efficiente e diffuso – almeno in Italia – ma non preparato a eventi del genere. L’epidemia, la pandemia, non sono contemplate, quasi appartenessero solo al passato. Così, gli ospedali sposano l’efficienza dei chirurgi e la velocità della guarigione, ma non possono ospitare il malato da virus, contaminato. E’ una sanità di precisione, da vita eterna e individuale. Una sanità pubblica che privatizza la malattia, la rende sempre e comunque unica, “solo per quella persona lì”.

Da questa crisi dobbiamo uscire dimenticando questi modelli e costruendo una comunità umana diversa, più sintonizzata con “le regole della vita”, che non sono le nostre, degli esseri umani, ma sono quelle di tutto ciò che esiste, che ci circonda. Di quella cosa che chiamiamo Universo o natura. Lo dobbiamo fare per avere finalmente “uno scatto evolutivo”, non per ragioni romantiche o ambientaliste. Lo dobbiamo fare per essere intelligenti: almeno quanto i virus.

*E’ direttore dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo

*In copertina Picture By  https://www.vperemen.com/ (Own work) CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons­

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