L’Italia che chiede ponti aerei dall’Afghanistan

Tanti gli appelli della società civile per portare in salvo la popolazione in pericolo ai quali il governo risponde attivando un primo volo
Ponti aerei immediati. Questo chiede a gran voce la società civile italiana, che nelle ultime ore ha rivolto una serie di appelli al Governo. Appelli che sembrano essere stati recepiti: questa mattina è entrato in funzione il primo salvataggio aereo che ha portato in Italia 85 persone.
Organizzazioni della società civile, parlamentari, giornalisti, attivisti per i diritti umani hanno lanciato ieri un appello al presidente del Consiglio Mario Draghi per chiedere l’evacuazione immediata dall’Afghanistan senza esclusioni, accogliendo subito tutti quelli che scappano dai talebani: le donne single o sole con figli, le ragazze e persone LGBT+, le persone anziane senza rete di protezione, le attiviste e attivisti per i diritti umani, le giornaliste e i giornalisti, gli insegnanti, gli studenti, le operatrici e gli operatori sanitari e sociali e chi ha lavorato in programmi umanitari e di sviluppo con le organizzazioni internazionali.
“È evidente – si legge nell’appello che vede tra i promotori la parlamentare Lia Quartapelle e l’Aoi – che il rischio di ritorsioni, vendette, discriminazioni non è limitato solo a chi in questi anni ha lavorato con gli alleati della NATO: oggi a rischio sono i principali oppositori del regime totalitario e del pensiero integralista dei talebani, le donne, le minoranze e le voci libere della società civile e del giornalismo, chi ha lavorato per un’Afghanistan diverso nelle scuole, nella sanità, nella società. L’attenzione del nostro paese e dell’Europa verso l’Afghanistan non può essere condizionata dalla fine della presenza militare internazionale”.
Tra gli appelli non poteva poi mancare quello della Comunità di Sant’Egidio che da oltre sei anni lavora per costruire i corridoi umanitari dal Libano e con un nuovo protocollo con i ministeri dell’Interno e degli Affari esteri sta avviando il primo corridoio umanitario per profughi dai centri di detenzione in Libia.
“Sulla base di questa esperienza – scrivono – siamo a disposizione per realizzare un progetto analogo a favore dei profughi afghani, pronti a collaborare con le istituzioni, le amministrazioni locali e altre espressioni della società civile che vogliano condividere questo urgente progetto umanitario”.

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Un’altra iniziativa arriva dalla delegazione degli Eurodeputati del Partito Democratico che ha rivolto un appello alla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel  e all’Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune, Josep Borrell. “Ci aspettiamo – si legge nel testo – da voi una reazione adeguata, sapendo che potete contare su molte disponibilità di organizzazioni, di ONG e di comunità locali del nostro continente, pronte all’accoglienza. Da parte nostra vi assicuriamo il sostegno parlamentare più convinto, nel quadro di un’indispensabile azione politica europea che guardi al futuro dell’Afghanistan, area che necessita di un protagonismo europeo comune”.
Sono in corso pressioni sul governo italiano anche da Amnesty International, mentre sulla piattaforma change.org, è partita una petizione che chiede di aprire corridoi internazionali “per mettere in salvo le donne afghane e i loro bambini, così come i bambini degli orfanotrofi di tutte le città cadute in mano ai talebani”.
E se i corridoi partono c’è poi bisogno di chi apre le porte. “I sindaci italiani sono pronti a fare la loro parte nell’accogliere le famiglie afghane”. Così ha dichiarato Matteo Biffoni, delegato Anci per l’Immigrazione, dopo aver scritto al ministro dell’Interno Lamorgese e abbiamo avvisato il ministero della Difesa. “Dobbiamo essere molto concreti – ha continuato Biffoni – Sarà la storia a dare un giudizio su questi ultimi vent’anni di presenza militare in Afghanistan, oggi siamo consapevoli che è il momento di aiutare il Governo a mettere in salvo vite umane. Come scritto al ministero dell’Interno, siamo pronti ad ampliare la rete Sai già presente nei nostri territori per poter accogliere e inserire le famiglie che rientrano nel programma di protezione definito dal Governo del personale civile afghano collaboratore del contingente militare nazionale, la cosiddetta Operazione Aquila”. Un intervento che già è stato messo in atto tra il 2014 e il 2019.
di Red/Al.Pi.

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