L’ombra del Tigrai sul voto dell’Etiopia

Il Primo ministro Abiy Ahmed spera di assicurarsi un solido mandato popolare conquistando la maggioranza dei 547 seggi del Parlamento federale

Posposte di un anno a causa della pandemia, iniziano oggi le consultazioni per il rinnovo del Parlamento dell’Etiopia. Le urne si sono aperte stamane alle 6 del mattino e il Primo ministro Abiy Ahmed spera di assicurarsi un solido mandato popolare conquistando la maggioranza dei 547 seggi del Parlamento federale. Ma il voto è stato rinviato nel Tigrai, dove l’esercito combatte da novembre, un nuvola nera e densa che pesa sul voto cruciale che si svolge nel Paese e che vede sullo sfondo guerra e carestia nella regione settentrionale del Tigray. Per Abiy Ahmed è il primo test elettorale. Ha 44 anni ed è salito al potere nel 2018 sostenendo un risveglio democratico nel secondo Paese più popoloso dell’Africa. E’ l’uomo della rottura con il passato autoritario della nazione e ora deve vedere cosa gli dirà il responso delle urne.

Premio Nobel per la pace, è l’uomo che ha liberato i prigionieri politici, ha riaccolto gli esuli e ha posto fine a una lunga guerra fredda con la vicina Eritrea. Ma è anche il leader che ha affrontato con le armi la dissidenza del Tigrai alla fine dello scorso anno. Lo spettro della carestia causato dai combattimenti in corso nel Tigrai e l’incapacità di organizzare le elezioni nei tempi previsti in circa un quinto dei collegi elettorali, significa che la promessa di una svolta decisa per il Paese resta da dimostrare. Abiy ha però detto che queste elezioni saranno le più competitive della storia dell’Etiopia e libere della repressione che ha segnato i precedenti scrutini.

“Ci sono diversi partiti tra cui scegliere. In passato ce n’era solo uno, non avevamo il lusso di scegliere”, commenta con Al Jazeera da Addis Abeba un etiope che oggi si è recato a votare. Non tutti però potranno dire altrettanto.

(Red/Est)

Addis Abeba. Foto di copertina di Kaleab

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