L’oro trasparente dell’Asia

di Andrea Tomasi

Tutto ricorda la favola di Esopo, con il lupo che se la prende con l’agnello perché, pur stando a valle del fiume, gli sporcherebbe l’acqua. Solo che qui si parla di chiusura dell’acqua, attraverso l’uso di dighe. La «favola» si svolge in Asia e sinceramente si fa fatica a capire chi è il lupo e chi è l’agnello. Di sicuro un ruolo non di vittima lo ricopre la Cina. In Asia rischia di scoppiare la guerra per l’acqua. Lo sviluppo industriale schizofrenico promosso da Pechino, l’inquinamento, la costruzione di troppe dighe per il contenimento delle acque del Mekong e la domanda di rifornimento idrico dei Paesi vicini stanno creando le premesse per un conflitto senza precedenti. Lo racconta Maurizio Molinari su La Stampa. «Il delta del Mekong è alla prese con la peggiore siccità degli ultimi cento anni, causata secondo l’Ente federale americano per gli Oceani (Noaa) dal fenomeno meteorologico “El Nino” ovvero un insolito aumento delle temperature oceaniche nel Pacifico Equatoriale. In aprile si è registrata la più intensa ondata di calore degli ultimi 137 anni ed il governo del Vietnam afferma che le acque del Mekong sono scese ai livelli più bassi dal 1926. La siccità investe l’intero corso del grande fiume che si snoda lungo oltre 4300 km dal Tibet fino alla Thailandia ed al Mare della Cina Meridionale, causando gravi danni soprattutto all’agricoltura in Cambogia, Laos, Thailandia e Myanmar oltre al Vietnam, che sta soffrendo le conseguenze peggiori».
Fra le tante conseguenze vi è il fatto che la produzione di riso dell’Indocina (il 13% del totale globale) ne risentirà. Risultato: aumento dei prezzi ai danni soprattutto dei Paesi poveri del mondo.
E così Pechino ha annunciato il rilascio di non meglio precisate quantità d’acqua dalla diga di Jinghong. Questo in realtà ha in qualche modo fatto capire al governo vietnamita che la situazione di difficoltà idrica (e quindi economica) dipende anche  dall’utilizzo dei bacini artificiali. Il Vietnam si oppone anche al progetto del Laos di costruire 11 dighe sul tratto del Mekong che attraversa il proprio territorio. La Cina ha costruito sei grandi dighe nell’alto corso del Mekong, sull’altopiano del Tibet che controlla.Il gruppo ambientalista Chiang Khong denuncia: «La Cina trattiene con le dighe le acque raccolte nella stagione dei monsoni dai ghiacciai impedendo al livello del fiume di salire come il suo ciclo naturale prevede». La conseguenza è immaginabile: impoverimento delle nazioni asiatiche attraversate dal Mekong e dai fiumi minori. Molinari spiega che in Cina si contano «90 mila dighe: la minor quantità di acqua dolce pro capite e alcuni dei livelli più alti di inquinamento idrico, quanto sta avvenendo lungo il corso del Mekong suggerisce il rischio, secondo un recente studio dell’Australian National University, di conflitti fra nazioni innescati da dispute sulle acque dolci a causa del sistema di dighe costruite da Pechino alle sorgente dei grandi fiumi asiatici che si trovano nella regione dell’Himalaya». Il ruolo di carnefice ufficiale spetta alla Cina, che oggi peraltro deve pagare anche internamente le scelte di ipersviluppo industriale fatte in passato: secondo uno studio del ministero delle Risorse idriche di Pechino è scomparso circa il 55 per cento degli oltre 50 mila fiumi che la attraversavano il territorio fino agli negli Anni Novanta. L’Asia è un continente che ospita quasi la metà della popolazione mondiale. È quanto emerge da uno studio del Mit, pubblicato su Plos One, secondo il quale – come riporta l’Ansa – la crescita economica e demografica, unita al cambiamento climatico, metterà gran parte dell’Asia a rischio di scarsità d’acqua: «Già nel 2050 un miliardo di persone in più sarà esposto a “stress idrico” rispetto ad oggi. I gravi effetti sulla disponibilità d’acqua che i cambiamenti climatici produrranno in diverse parti del mondo, secondo gli scienziati saranno gravemente amplificati laddove l’espansione industriale e la crescita demografica saranno più forti». «La Banca Mondiale ritiene che la carenza d’acqua in Cina sia una conseguenza della brusca accelerazione della crescita attraversata negli ultimi anni e l’Unicef conferma tale lettura attestando che dal 1990 circa 593 milioni di cinesi hanno avuto accesso a maggiori quantità di acqua nelle loro case e città». Per tutto questo ora si si parla di «conflitto sull’acqua»: l’Asia potrebbe diventare il «palcoscenico» di una nuova tipologia di crisi, causata dalla «sovrapposizione fra crescita cinese, surriscaldamento del clima e rivalità nazionali».

http://www.lastampa.it/2016/05/29/cultura/opinioni/editoriali/lasia-rischia-la-guerra-per-lacqua-UMG1z3Ws74bTtPpjXBqyLK/pagina.html

http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/acqua/2016/03/30/acqua-problema-futuro-per-asia-ospita-meta-popolazione-del-mondo_1e3e1b44-e52d-4bf3-bf01-692857c07005.html

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