Macelleria umana nella Repubblica Centrafricana

di Tommaso Andreatta

Macelleria umana, violazione dei più elementari diritti, minorenni a cui viene tolto il futuro, dignità calpestata. E l’elenco potrebbe essere ancora lungo parlando dello stato di salute del Repubblica Centrafricana. Le uccisioni di massa e i conflitti, scoppiati tra il 2003 e il 2015, sono stati messi sotto la lente dell’Onu.

Il report – completato in un anno – è stato realizzato con la collaborazione del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), dell’ufficio dell’Alto commissario Onu per i diritti umani (Ohchr) e dell’ufficio del Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per le violenze sessuali in situazioni di conflitto.

Il primo a parlarne sulla stampa italiana è stato Marco Cochi (Nigrizia). «Attraverso il lavoro di otto ricercatori, lo studio ha esaminato più di 1.200 documenti riguardanti 620 episodi di violazioni dei diritti umani, compresi gli sconvolgenti resoconti di interi villaggi rasi al suolo nel corso di rappresaglie, numerose testimonianze di stupri di gruppo compiuti ai danni di donne e bambine di appena cinque anni, esecuzioni extragiudiziali, decessi avvenuti in seguito a torture o a gravi maltrattamenti nei centri di detenzione, gravi crimini su base etnica e religiosa, il reclutamento di migliaia di bambini soldato da parte di gruppi armati e reiterati attacchi contro gli operatori umanitari e personale delle forze di pace Onu».

Si tratta di una ricostruzione puntuale di ogni singolo crimine, consumato durante gli anni di governo del presidente François Bozizé. Ma ci sono anche le nefandezze commesse dall’ex coalizione di ribelli Seleka, che nel marzo 2013 depose Bozizé.

Bisogna essere molto chiari. Le Nazioni Unite, con i suoi caschi blu e con una macchina burocratica a tratti ipertrofica, in diritto internazionale hanno le armi spuntate. In base alla documentazione raccolta, gli estensori del report Onu parlano di necessario impegno della Corte penale speciale per la Repubblica Centrafricana. Si parla della necessità di istituire una «Commissione per la verità e la riconciliazione» in un contesto in cui è obiettivamente difficile garantire la sicurezza nella Repubblica Centrafricana. Per questo, raccomanda «lo sviluppo di un approccio nazionale al controllo dell’operato delle forze di sicurezza e di difesa».

Nel testo vengono anche ricordate le violenze firmate dalle varie fazioni nate dall’ex alleanza di ribelli musulmani e dalle milizie cristiano-animiste anti-Balaka.

«Secondo il report, il governo e tutti gli attori nazionali, con l’assistenza della comunità internazionale, devono collaborare fattivamente per porre fine alla cultura dell’impunità. Il Forum di Bangui del maggio 2015 aveva riconosciuto che per promuovere la riconciliazione nel Paese, erano fondamentali gli sforzi per assicurare alla giustizia le persone sospettate di aver commesso omicidi o stupri durante la guerra civile, che ancora godono della totale impunità e in alcuni casi convivono con le loro stesse vittime».

 

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