Mahinda si dimette dopo il violento lunedi nero

Cinque morti e oltre duecento feriti a Colombo obbligano il Premier a consegnare il mandato. Il dramma dello Sri Lanka  strangolato dal debito estero

La calma sembra tornata nelle strade di Colombo dopo la violenta giornata di scontri di un lunedi il cui tragico bilancio è di cinque morti, tra cui un parlamentare, e oltre 200 feriti. Diverse abitazioni sono state date alle fiamme dopo i violenti scontri tra sostenitori e detrattori della famiglia Rajapaksa. Il Primo ministro Mahinda si è dimesso ieri nel tentativo di calmare gli animi ma è dovuto essere evacuato stamane dall’esercito perché i dimostranti si erano raccolti davanti al cancello principale della sua residenza fatta oggetto del lancio di diverse bottiglie molotov.
La situazione è poi tornata sotto controllo e ora Mahinda si trova in un luogo sconosciuto. Suo fratello, il Presidente Gotabaya, dovrà ora nominare un nuovo esecutivo, sciolto di fatto dalle dimissioni del Premier. L’opposizione lo vorrebbe formato da tutti i partiti presenti in Parlamento. Ma non è detto che la piazza si accontenti delle dimissioni di Mahinda e non voglia pretendere anche quelle di Gotabaya.

La giornata di violenza è iniziata ieri quando i sostenitori di Mahinda hanno attaccato i dimostranti che si sono accampati da settimane in un sit in permanente a Colombo (Go Gota Gama) allo scopo di protestare contro l’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità. La polizia schierata in tenuta anti sommossa ha fatto poco per impedire il contatto tra sostenitori e detrattori ed è iniziata una battaglia di strada in cui oltre alle spranghe sono apparse le pistole. E mentre Mahinda decideva di dimettersi, accettando di fatto la richiesta della piazza, veniva imposto il coprifuoco dalle sette di ieri sera anche se le violenze si sono protratte fino a tarda sera.
Il 12 aprile scorso lo Sri Lanka aveva annunciato uno stop del rimborso del debito estero e, nell’annunciare il default, aveva dovuto accettare che la ristrutturazione del debito venisse gestita dal Fondo monetario, il cui aiuto i Rajapaksa avevano sempre orgogliosamente rifiutato. La crisi economica senza precedenti che ha investito l’isola si deve alla morsa del Covid-19 e al crollo del turismo ma, secondo l’opposizione, anche a una poco oculata gestione dei prestiti internazionali diventati un debito insolvibile.

La crisi è poi peggiorata con l’aumento generale dei prezzi di cibo e gasolio dovuti anche ai riflessi della guerra in Ucraina. anche grazie alla guerra russa – ma soprattutto grazie a una gestione familistica di un’economia da sempre ostaggio del clan di famiglia – la “Lacrima dell’Oceano indiano” si è ritrovata quest’anno coperta da debiti insolvibili: circa 50 miliardi di dollari. Esattamente un anno fa, secondo dati del Department of External Resources locale, il debito estero totale in essere del governo era di 35,1 miliardi di dollari e i pagamenti totali del servizio del debito dal 1 gennaio al 30 aprile 2021 erano stati pari a 981 milioni.

L’aumento esponenziale del servizio del debito e la necessità di altri prestiti per far marciare l’economia hanno portato in un anno il Paese al collasso. Un baratro a cui una nazione alla fame ha risposto con la richiesta di dimissioni della potente famiglia che, oltre al capo dello Stato e al premier, contava anche diversi ministri. Ora il primo dei due Rajapaksa ha dovuto chinare una testa su cui, oltre alla crisi, pesa adesso anche il numero delle vittime della protesta di ieri. Una protesta che non accenna a calmarsi.

(Red/Em. Gio.)

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