Mali: morte e vendetta

La strage nel villaggio di Sobane -Kou si non è stata rivendicata ma potrebbe trattarsi di una ritorsione per l'attacco del 23 marzo ai pastori fulani. Una panoramica su chi è armato nella regione

La strage del villaggio di Sobane -Kou, vicino alla città di Sanga, in Mali nasconde ancora molti punti interrogativi, a partire dai responsabili e dal movente che ha scatenato la carneficina nella notte tra il 9 e il 10 giugno. Inizialmente si parlava di cento morti, ma da recenti rilevazioni pare che il numero di vittime si sia assestato a 35 (11 adulti e 24 bambini). Il massacro del paese, abitato in prevalenza da persone appartenenti alla comunità Dogon, non è stato rivendicato. Secondo il giornale maliano on line Bamako.com il divario tra due bilanci è dovuto al fatto che il numero diffuso inizialmente corrispondeva ai morti e ai dispersi messi insieme. Inoltre le prime indagini condotte sul campo indicano che circa 100 donne si sono rifugiate nel villaggio di Koundo.

Dalle ricostruzioni di quella notte pare che una cinquantina di uomini armati a bordo di pick-up ha messo a ferro e fuoco tutta l’area, uccidendo a colpi di armi automatiche e machete. Secondo un funzionario locale, citato dalla Bbc, i corpi delle vittime sono stati bruciati. Molti media hanno attribuito la strage a generici ‘terroristi’, ma ovviamente dietro c’è molto di più. Tra i sospettati ci sono gli uomini del predicatore Amadou Kufa, ma non si esclude nemmeno la pista che porta alla milizia Katiba Macina (cioè il Front de libération du Macina, un gruppo armato che proclama il salafismo jihadista).

Ma non finisce qui. Nell’area sono presenti anche milizie di autodifesa che spesso approfittano della situazione per commettere crimini. Una di queste è quella di Dan Nan Ambassagou, molto strutturata nel territorio. Nella regione esistono poi altri gruppi di autodifesa: quello di Ségou, quello di Djenné e, più a sud, i cacciatori del Circolo del sangue. I gruppi esistono tuttora nonostante il governo di Bamako avesse ordinato di scioglierli dopo la strage nel villaggio di Ogossagou nei pressi di Bankas il 23 marzo 2019.

Secondo molti osservatori l’attacco del 10 giugno potrebbe essere proprio una ritorsione per quell’assalto che uccise 160 abitanti fulani, ammazzati probabilmente da membri di gruppi di cacciatori Dogon di Ogossagou, un villaggio vicino al confine di Burkinabe. Poco dopo la strage di marzo il governo del Mali si era dimesso e i primi di maggio era stata annunciata una nuova formazione guidata da Boubou Cissé che aveva visto l’ingresso di alcuni membri dell’opposizione. Come indiziati maggiori restano comunque i pastori fulani, che da anni si scontrano con i dogon con i rispettivi ‘gruppi di autodifesa’.

Nel Paese, oltre alla violenza etnica, esiste dal 2012 il problema tangibile del fondamentalismo jihadista. Proprio i fulani, prevalentemente musulmani, sono stati spesso accusati di sostenere i miliziani. Secondo il sito maliano, dopo l’introduzione nel 2015 nel centro del Paese, il gruppo jihadista del predicatore Kufa che ha reclutato soprattutto Peul, tradizionalmente pastori, gli scontri sono in aumento tra questa comunità e quella Bambara e Dogon, principalmente impegnati in agricoltura. Come analizzavamo anche in seguito alla strage del 23 marzo dietro questi scontri c’è sempre la motivazione economica, collegata al cambiamento climatico.

Gli scontri appaiono come una lotta all’ultimo sangue per le risorse sempre più rare. La terra infatti è sempre più contesa a causa dell’avanzata del deserto che interessa tutto il Sahel. Acqua e foraggio scarseggiano e mettono in dubbio la stessa sopravvivenza, rompendo il vecchio equilibrio di rispettivo scambio tra popolazione nomade e dedicata la pascolo (fulani) e stanziale e agricola (dogon). Da ricondurre a questo inasprimento dei rapporti che ha portato il sangue di tanti civili a scorrere in Mali ci sono poi altre note cause: la povertà, la mancanza di istruzione e l’incapacità dello Stato e di assicurare le necessità primarie alle popolazioni locali.

(di Red/ Al.Pi.)

Tags:

Ads

You May Also Like

Repubblica Centrafricana, pericolo genocidio

La Repubblica Centrafricana è al collasso. La guerra non accenna a finire e negli ...

Russia, la variabile Wagner

Cosa vuole, voleva e vorrà il capo della milizia privata Yevgeny Prigozhin, alla guida della marcia su Mosca e di un repentino dietro front

di Raffaele Crocco Per capire davvero quale sia la portata degli avvenimenti russi nelle ...

Morte e repressione in Perù

Almeno 40 le vittime fra i sostenitori dell'ex Presidente Castillo. Espulso l'ambasciatore del Meswsico, Evo Morales bandito per il sostegno alle proteste  

di Maurizio Sacchi L‘ufficio del procuratore capo del Perù ha aperto un’inchiesta sul nuovo ...