di Raffaele Crocco
C’è l’accordo: forse. Alcuni osservatori dicono sì, altri giurano che si tratta solo – come dire – di una premessa, di un primo passo. Quello che appare certo è che da Parigi arrivano forti e chiari i segnali di disgelo fra Russia e Ucraina dopo cinque anni di guerra, iniziata quando Mosca aveva occupato e poi annesso la Crimea e continuata quando buona parte delle regioni ucraine orientali finirono sotto il controllo dei separatisti filorussi. Lo scontro tra separatisti ed esercito ucraino ha provocato 13mila morti, 40mila feriti e circa 1,5 milioni di profughi.
Ora i due presidenti, Putin e Zelensky, aiutati dal presidente francese Macron e dalla cancelliera Merkel, alcuni punti sembrano averli concordati per finire la guerra. Entrambi hanno dichiarato alla stampa – in modo separato – di essere soddisfatti. Le parti si impegnano a far cessare i combattimenti entro la fine di dicembre, per poi smobilitare completamente entro marzo 2020. Inoltre, hanno concordato di integrare la “formula di Steinmeier” nella legislazione ucraina, in conformità con la versione concordata nell’ambito del Formato Normandia .
Spieghiamo: la “Formula di Steinmeier” viene dal ministro degli Esteri tedesco che, nel 2016, avanzò una proposta di pace che prevedeva prima una modifica costituzionale di Kiev, con la creazione di regioni a larga autonomia abitate dai filorussi, poi elezioni amministrative proprio in quei territori. Il “Formato Normandia”, invece, è il gruppo internazionale formato da Russia, Ucraina e Francia e Germania che lavora per trovare gli accordi.
In questi ambiti, quindi, si muove l’accordo trovato il 10 dicembre. Le parte difficile, però, viene adesso. I due Paesi sembrano avere idee differenti su come applicare l’accordo. Ad esempio: pare che Zelensky abbia proposto a Putin di tenere le elezioni in Donetsk e Luhansk solo dopo il ritiro di tutto il personale militare in qualche modo collegato a Mosca. Questo per rivendicare la sovranità sui territori invasi, mossa indispensabile per tentare di rintuzzare gli attacchi dell’opposizione a Kiev, pronta a scendere in piazza contro il presidente reo di aver – dicono – svenduto la patria. Putin, però, da quest’orecchio pare non sentirci. Nella conferenza stampa successiva ha piuttosto incoraggiato l’Ucraina a modificare la propria costituzione in senso federale. Ma di togliere di mezzo il personale militare non se ne parla.
Così si resta nel guado, anche se il 20 dicembre sono arrivate altre note positive. Le due compagnie energetiche nazionali, Gazprom e Naftogaz, hanno firmato un protocollo d’intesa per il rinnovo dei contratti sul passaggio del gas russo verso l’Europa attraverso il territorio. Per fine anno prevista la firma dell’accordo finale, valido cinque anni. Un’altra crisi sembra evitata.
In copertina uno scatto di Manu Brabo durante il conflitto. Brabo è tra i finalisti di Wars, il concorso fotografico dell’Atlante