L’8 e 9 giugno 2025, la cittadinanza italiana è chiamata alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi. Quattro hanno come tema il lavoro, uno la cittadinanza. Quest’ultimo mira a riformare le modalità di acquisizione della cittadinanza, riducendo da 10 a 5 anni il requisito di residenza legale.
Il referendum non si limita però a intervenire sulla durata della residenza, ma prevede anche l’eliminazione del vincolo relativo all’adozione, oggi necessario per estendere la cittadinanza ai figli minorenni dei nuovi cittadini. La modifica consentirebbe l’estensione automatica della cittadinanza anche ai figli in affido o sotto tutela.
L’Italia è di fatto uno dei paesi europei con i requisiti più severi e tempi molto lunghi per ottenere la cittadinanza. In questo dossier si analizzano alcuni aspetti, dati e si forniscono confronti con altri Stati Europei.
*In copertina foto di Sarah Passos da Pixabay. In alto una tabella tratta dal rapporto “Indicatori di integrazione dei cittadini con background migratorio residenti in Italia”, di seguito un grafico tratto dal dossier statistico immigrazione del 2024

Paesi Ue a confronto
Lo ius soli (principio giuridico che prevede l’acquisizione della cittadinanza di uno Stato per il fatto di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori) non esiste in nessuna delle legislazioni dei paesi dell’Unione europea, ma in alcuni casi si parla di ‘ius soli temperato’.
Un esempio è l’Irlanda, dove un bambino può ottenere la cittadinanza se almeno uno dei genitori vi risiede legalmente da tre anni. Stesso periodo vale per Grecia. In Portogallo, invece, servono due anni di residenza di almeno un genitore. In Spagna la legge è più permissiva: per chi è nato nel Paese è infatti sufficiente risiedervi legalmente per un anno. Per la naturalizzazione servono invece dieci anni di residenza legale e continuata, ma i tempi si riducono a: cinque anni per coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato, due anni per i cittadini d’origine dei Paesi ispano-americani e per quelli di Andorra, Filippine, Guinea Equatoriale, Portogallo e per i sefarditi.
In Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna, vige il cosiddetto ‘doppio ius soli’ che si applica se uno dei due genitori è nato nel paese. In più in Francia un bambino straniero può ottenere la cittadinanza una volta compiuti i 18 anni se ha vissuto in Francia per cinque anni a partire dagli 11 anni di età, o può riceverla anche prima, a partire dai 13 anni, se risiede nel Paese dall’età di 8 anni.
Nel caso dell’acquisizione per naturalizzazione molti paesi prevedono un periodo di residenza di molto inferiore rispetto all’Italia. Cinque sono gli anni che servono in Francia, Germania, Portogallo, Paesi Bassi e Svezia.
In Olanda, un bambino straniero può acquisire la cittadinanza a 18 anni se ha vissuto nei Paesi Bassi per almeno cinque anni senza interruzioni e possieda un permesso di soggiorno valido, oppure se è nato da almeno un genitore che risiede stabilmente nei Paesi Bassi. In Belgio, può acquisire la cittadinanza chi è nato sul territorio nazionale e se, al momento del compimento dei 18 anni, ha vissuto nel paese per almeno tre anni. Inoltre, i bambini nati in Belgio da genitori che sono residenti nel paese da almeno dieci anni ottengono la cittadinanza a 12 anni.
In Ungheria e Polonia vigono regole piuttosto restrittive, basate principalmente sul principio dello Ius Sanguinis. In Polonia, la cittadinanza si acquisisce automaticamente se almeno uno dei genitori è cittadino, mentre per i nati da genitori stranieri non esiste alcuna forma di Ius Soli. La naturalizzazione richiede almeno tre anni di residenza legale e permanente, se dimostrano un buon legame con la Polonia e una conoscenza adeguata della lingua polacca. In Ungheria la cittadinanza è riservata principalmente ai discendenti di cittadini ungheresi. La naturalizzazione è possibile dopo otto anni di residenza continuativa, ma con requisiti stringenti: la padronanza della lingua, il superamento di una prova sui contenuti basilari della costituzione, la dimostrazione di essere economicamente autosufficienti.
La Francia chiude, la Germania apre
Nel 2023, la Francia ha varato una riforma definita ‘anti immigrazione’, che interviene anche sulle modalità di acquisizione della cittadinanza. Una delle modifiche più rilevanti riguarda le seconde generazioni, ovvero i nati in Francia da genitori stranieri. Prima della riforma i giovani acquisivano automaticamente la cittadinanza francese al compimento della maggiore età, mentre oggi è necessario presentare una richiesta formale tra i 16 e i 18 anni. Questa modifica avvicina la Francia al modello italiano.
La Germania, nel 2024, è andata nella direzione opposta approvando una riforma che facilita l’accesso alla cittadinanza per i residenti stranieri. Berlino ha infatti ridotto il tempo minimo di residenza richiesto da otto a cinque anni, a condizione che il richiedente dimostri una buona padronanza della lingua tedesca. Inoltre, se le persone mostrano un forte grado di integrazione nella società, (tramite lavoro, studio, volontariato) si può ottenere la cittadinanza tedesca dopo appena tre anni di residenza. I figli di un genitore che acquisisce la cittadinanza tedesca diventano automaticamente cittadini. Con la riforma, poi, è possibile mantenere più di una cittadinanza, cosa che era finora preclusa.