Dossier/I predatori della terra: il land grabbing

È stato presentato il 16 ottobre 2020 a Roma “I padroni della Terra. Rapporto sull’accaparramento della terra 2020: conseguenze su diritti umani, ambiente e migrazioni.” Il Rapporto annuale, pensato e redatto da Focsiv (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario), affronta la questione su chi siano i soggetti che stanno acquisendo sempre più delle terre coltivabili sul nostro Pianeta e chi ne abbia il controllo.

Per il terzo anno consecutivo il Rapporto analizza e focalizza il fenomeno dell’accaparramento delle terre, conosciuto come land grabbing, ovvero l’impossessamento di grandi appezzamenti di terra fertili da parte di imprese multinazionali, finanza ed investitori immobiliari interazionali e Stati, a danno delle comunità di contadini locali e dei popoli indigeni.

Secondo il Terzo Rapporto erano, a marzo 2020, 79 milioni gli ettari di terra fertile che sono state accaparrate, in questi anni, da parte di imprese multinazionali, finanza, investitori internazionali e Stati a danno delle comunità di contadini locali e dei popoli indigeni, nel quadro della competizione globale per le risorse naturali del Pianeta. 79 milioni per 2100 contratti circa. Di questi contratti l’8% sono in corso di negoziazione e il 6% sono falliti. Se si fa un confronto con i dati raccolti e pubblicati nel rapporto del 2019, si può notare come la dimensione dei contratti conclusi sia aumentata di 8milioni di ettari.

Paesi coinvolti e settori di intervento

Non si è fermato nel 2019 l’accaparramento delle terre, così come rilevato dall’analisi dei dati del Land Matrix e del sito web www.farmlandgrab.org creato da Grain, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che lavora per sostenere i piccoli agricoltori e i movimenti sociali nelle loro lotte per la sovranità alimentare.

Come gli anni precedenti i principali investitori sono la Cina, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Svizzera e il Canada, la Russia; che concentrano oltre 60milioni di ettari di terra. I principali paesi obiettivo sono invece il Perù, la stessa Russia, la Repubblica Democratica del Congo, l’Ucraina e il Brasile, per oltre 50milioni di ettari.

Il rapporto evidenzia poi che a dettare le regole per gli investimenti nel settore agricolo sono le istituzioni finanziare internazionali come la Banca Mondiale, che assegna un punteggio ai Paesi in base alla facilità di accesso alla terra per le imprese agroalimentari. In questo scenario gli istituti di ricerca, i giornalisti e le organizzazioni non governative continuano a giocare un ruolo cruciale nel rilevamento dei casi di accaparramento, nella denuncia di soprusi e di connivenze anche con la criminalità organizzata.

Nel data base di Land Matrix si evidenziano le intenzioni di investimento che comprendono: la produzione di colture alimentari, di biocarburanti, di beni agricoli non alimentari, l’allevamento, la produzione di mangime, le miniere, la gestione di foreste per il taglio del legno e la produzione di fibre, le piantagioni, la conservazione, l’uso del suolo per l’industria, la speculazione.

Gli investimenti sulla terra per l’industria si realizzano soprattutto in Asia, per la speculazione in Europa orientale, per la conservazione in America Latina, e per le energie rinnovabili, come ad esempio la costruzione di dighe, in Oceania.

Land Grabbing: alcuni casi

I Padroni delle Terra analizza alcuni casi specifici di land grabbing a partire dall’Amazzonia, con un’attenzione particolare sulle operazioni di alcune grandi società finanziarie e imprese petrolifere, che hanno dato luogo alla resistenza dei popoli indigeni. Il Focsiv denuncia che, nonostante le minacce alla stabilità del clima, alla biodiversità e ai diritti indigeni che seguono all’estrazione del petrolio in Amazzonia, i governi dell’Ecuador, del Perù e della Colombia stanno moltiplicando i piani per espandere l’esplorazione e la produzione di greggio in amazzonia, creando, mettendo all’asta, concedendo in locazione e vendendo a compagnie petrolifere, sia straniere che nazionali, il petrolio della foresta amazzonica.

La questione dell’estrattivismo di minerali e di petrolio è ripresa anche nel caso del Perù, con le sue conseguenze in termini di inquinamento e deprivazione delle economie e delle comunità locali, a cui si contrappongono i movimenti sociali locali.

Altro caso analizzato è quello della Repubblica Democratica del Congo e all’impatto della filiera dell’estrazione del cobalto sullo sfruttamento del territorio e delle popolazioni locali, e in particolare dei bambini e mostra la possibilità di sostenere economie alternative.

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