Dossier/ Il caso Assange

Il 25 luglio di dodici anni fa WikiLeaks pubblicò gli ‘Afghan War Diary’, mentre nell’ottobre dello stesso anno uscivano gli ‘Iraq War Logs’, enormi quantità di rapporti che documentavano lo scempio delle due guerre in corso in Afghanistan e in Iraq.

Sempre nel 2010 iniziava anche la persecuzione giudiziaria di Julian Assange, giornalista, programmatore e attivista australiano, cofondatore e caporedattore di WikiLeaks, che ancora oggi si trova a lottare contro l’estradizione negli Stati Uniti. Sul capo di Assange pendono 17 capi d’accusa e rischia una condanna fino a 175 anni di detenzione. Per incriminarlo gli Usa si sono serviti dell’Espionage Act, una legge del 1917, pensata per i traditori che passavano informazioni al nemico. Legge che venne utilizzata anche nel 1973 contro l’economista, attivista ed ex analista militare statunitense Daniel Ellsberg per la rivelazione dei Pentagon Papers, documenti top secret sulla guerra in Vietnam. La battaglia per la libertà di stampa, combattuta in tribunale che ne scaturì portò in quel caso alla revoca delle accuse. La scelta di incriminare Julian Assange con l’Espionage Act fa discutere, perché di fatto con in questo modo si identifica il giornalismo con un atto di spionaggio. 

Secondo varie organizzazioni, tra cui Amnesty international “l’incriminazione di Assange costituisce una grave minaccia per la libertà di stampa, tanto negli Usa quanto altrove. Assange ha svolto attività professionali proprie dell’esperienza quotidiana del giornalismo investigativo. L’eventuale estradizione di Assange criminalizzerebbe comuni prassi giornalistiche e permetterebbe a quello degli Usa e ad altri governi di prendere di mira giornalisti e scrittori al di fuori delle loro giurisdizioni per aver denunciato le loro malefatte”.

L’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo ha aderito e partecipa attivamente alla campagna italiana che chiede la libertà per Julian Assange. In questo dossier si ripercorre parte della storia del giornalista e di WikiLeaks.

*In copertina foto di Alexandros Michailidis on shutterstock

Gli Afghan War Diary e Iraq War Logs

Il 25 luglio 2010 WikiLeaks pubblicò una raccolta di documenti chiamato ‘Afghan War Diary’, uno straordinario compendio di oltre 91mila rapporti sulla guerra in Afghanistan dal 2004 al 2010. I rapporti scritti da soldati e ufficiali dell’intelligence descrivevano principalmente azioni militari letali che coinvolgevano l’esercito degli Stati Uniti e includevano anche informazioni di intelligence, incontri con personaggi politici e vari dettagli correlati. I rapporti coprivano la maggior parte delle unità dell’esercito americano e lasciavano emergere per la prima volta centinaia di vittime civili mai computate. I file facevano anche luce su alcune unità speciali come la Task Force 373 e sulla guerra con i droni comandati dai soldati americani che si trovavano in una base del Nevada.

In particolare, la Task Force 373 era un’unità speciale che prendeva ordini direttamente dal Pentagono e aveva l’obiettivo di catturare o uccidere combattenti di alto livello di al Qaeda e dei talebani. Afghan War Logs aveva portato a galla la brutalità con cui queste forze speciali agivano. Ancora oggi gli Afghan War Logs rimangono l’unica fonte pubblica che permette di ricostruire attacchi, morti, assassini stragiudiziali avvenuti in Afghanistan in quegli anni di guerra.

Pochi giorni dopo la loro pubblicazione cominciò a circolare nell’opinione pubblica e nelle redazioni dei giornali l’idea che Julian Assange e la sua organizzazione fossero dei pericolosi irresponsabili. Il Pentagono aveva infatti tutto l’interesse nel delegittimare WikiLeaks.

Sempre nel 2010, ad ottobre, WikiLeaks rilasciò quella che rimane ancora oggi “la più grande fuga di notizie militari classificate della storia”. I 391.832 rapporti  che compongono ‘The Iraq War Logs’ documentano la guerra e l’occupazione in Iraq, dal 1 gennaio 2004 al 31 dicembre 2009 (ad eccezione dei mesi di maggio 2004 e marzo 2009) raccontata dai soldati dell’esercito degli Stati Uniti.

I rapporti descrivono in dettaglio gli eventi visti e ascoltati dalle truppe militari statunitensi sul campo e descrivono in dettaglio 109.032 morti in Iraq, di cui 66.081 civili, 23.984 ‘nemici’ (etichettati come ribelli), 15.196 morti della ‘nazione ospitante’ (ovvero le forze governative irachene) e 3.771 vittime amiche (forze della coalizione).

I Diari di guerra afgani, precedentemente pubblicati da WikiLeaks, che coprono lo stesso periodo, descrivono in dettaglio la morte di circa 20milapersone. La guerra in Iraq, nello stesso periodo, è stata, secondo questi rapporti, cinque volte più letale. Nei file desecretati, c’è anche il racconto delle torture inflitte ai prigionieri da parte dei soldati iracheni (abusi fisici di ogni tipo, con particolari raccapriccianti, comprovati dai referti sanitari) e ignorati dagli americani. “Ora di quei morti – disse Assange alla conferenza stampa di presentazione – vediamo non solo il totale, ma anche come è avvenuto il decesso di ogni singola persona, abbiamo le precise coordinate geografiche e l’operazione in cui hanno perso la vita, non si tratta più di anonimi. Il risultato di questo materiale è potente e un po’ più facile da comprendere rispetto alla complessa situazione in Afghanistan”.

La storia giudiziaria in breve

La saga giudiziaria di Julian Assange è iniziata alla fine del 2010, quando la Svezia ha richiesto l’estradizione del giornalista dalla Gran Bretagna per accuse di crimini sessuali. Nel 2012, dopo aver perso la causa, è fuggito all’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove ha abitato per sette anni. Nell’aprile 2019 (quando in Ecuador è cambiato il governo) è stato espulso dall’ambasciata di Londra ed è stato incarcerato per aver violato le condizioni della cauzione britannica, anche se il caso svedese era stato archiviato.

Da quell’anno Assange combatte contro l’estradizione negli Stati Uniti e rimane in carcere. Il 10 dicembre 2021 l’Alta corte del Regno Unito ha accolto l’appello degli Usa contro la decisione di non estradare Julian Assange, rimandando dunque l’esame a una corte di grado inferiore. Dall’aprile 2019 il fondatore di WikiLeaks si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra. La struttura è stata definita più volte ‘la Guantanamo britannica’.

Nel luglio 2022 gli avvocati difensori di Julian Assange hanno depositato all’Alta Corte di Londra un’istanza di ultimo appello contro il decreto di estradizione negli Usa emesso a metà giugno dalla ministra dell’Interno britannica, Priti Pate. L’istanza non riguarda il merito, ma questioni procedurali e deve superare un giudizio preliminare di ammissibilità dei giudici prima d’essere eventualmente discusso. Se la domanda di discussione del ricorso fosse accettata, Assange potrà giocarsi questa carta estrema fino all’ultimo grado, la Corte Suprema. Un’ultima possibilità potrebbe essere la Corte Europea di Strasburgo per i Diritti dell’Uomo, ma a quel punto l’ordine di estradizione diverrebbe esecutivo.

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