Dossier Agenda 2030/ Il Mondo disuguale

Questo dossier fa parte degli approfondimenti dedicati all’Agenda 2030 e analizza il target 10: ridurre le disuguaglianze.

La disuguaglianza e il conflitto sono strettamente collegati. In questo dossier analizziamo il rapporto redatto da Oxfam dal titolo “Time to care – Avere cura di noi“, uscito il 20 gennaio alla vigilia del meeting annuale del World Economic Forum di Davos, in Svizzera, che ogni anno accoglie politici e personalità di spicco.

Nel suo rapporto annuale la ong britannica sostiene che “elevate e crescenti disuguaglianze, che mettono a repentaglio i progressi nella lotta alla povertà, minano la coesione e la mobilità sociale, alimentano un profondo senso di ingiustizia e insicurezza, generano rancore e aumentano in molti contesti nazionali l’appeal di proposte politiche populiste o estremiste”.

L’attenzione di Oxfam quest’anno è stata rivolta particolarmente agli effetti della disuguaglianza globale sulle donne.

Denaro e non lavoro

Le stime riportate da Oxfam dicono che un terzo della ricchezza dei miliardari è frutto di eredità, rilevando che “tale processo ereditario ha creato una nuova aristocrazia che mina le fondamenta democratiche delle nostre società”.

Secondo il sistema finanziario-economico attuale una volta consolidate, le fortune dei super-ricchi si moltiplicano da sole grazie ad investimenti finanziari. Secondo la ong una delle ragioni dei rendimenti fuori misura è il crollo dell’imposizione fiscale sulla ricchezza e sugli utili d’impresa, derivante dalla riduzione delle aliquote impositive e da deliberati abusi fiscali.

Il rapporto ricorda poi che solo il 4% del gettito fiscale globale deriva dalle imposte sul patrimonio e che i super-ricchi eludono fino al 30% delle imposte a proprio carico. Le imposte sui redditi societari sono inoltre estremamente basse: tra il 2011 e il 2017, mentre i salari medi nei paesi del G7 aumentavano del 3%, i dividendi degli azionisti sono cresciuti del 31%.

Il lavoro di cura

In tutto il mondo il lavoro di cura non retribuito e sottopagato è svolto in modo preponderante da donne e ragazze povere. Le donne prestano più di tre quarti dell’assistenza non retribuita e due terzi di quella retribuita.

Oltre a svolgere gratuitamente il lavoro di cura a domicilio, molte donne povere lavorano anche per fornire aiuto ad altri, per esempio come collaboratrici domestiche. Le collaboratrici domestiche costituiscono una delle categorie più sfruttate al mondo: solo il 10% è tutelato dalle leggi sul lavoro nella stessa misura degli altri lavoratori e appena la metà gode di pari tutela del salario minimo.

Sempre secondo il dossier Oxfam, più della metà di tutti i lavoratori domestici non ha limiti di orario di lavoro stabiliti da normative nazionali e nei casi più estremi si rilevano situazioni di lavoro forzato e di tratta: le lavoratrici e i lavoratori domestici si trovano intrappolati nelle case dei datori di lavoro i quali controllano ogni aspetto della loro vita. Si stima che, a livello globale, i 3,4 milioni di lavoratori domestici costretti al lavoro forzato vengano derubati di 8miliardi di dollari all’anno, pari al 60% del salario che gli spetterebbe.

A causa dell’ingente mole di lavoro le donne e ragazze hanno poco tempo per sé e di conseguenza per partecipare ad attività sociali e politiche. In Bolivia, ad esempio, il 42% delle donne afferma che il lavoro di cura è il maggiore ostacolo alla loro partecipazione politica.

Il lavoro di cura ha, e nel tempo avrà, sempre maggiore importanza: il mondo sta affrontando infatti una crisi assistenziale dovuta agli effetti dell’invecchiamento della popolazione (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che entro il 2030 ci saranno 100milioni di anziani e  100milioni di bambini dai 6 ai 14 anni che avranno bisogno di assistenza), ai tagli ai servizi pubblici e ai sistemi di tutela sociale e agli effetti del cambiamento climatico. La crisi climatica sta già imponendo alle donne carichi ancora più gravosi. Si stima che entro il 2025 fino a 2,4miliardi di persone vivranno in aree prive di acqua a sufficienza, il che significa che donne e ragazze saranno costrette a camminare sempre di più per trovarla. I cambiamenti climatici ridurranno anche la quantità di cibo prodotto e aumenteranno le malattie: ciò comporterà maggiore stress e richiederà ancora più tempo alle donne e alle ragazze, che dovranno fornire l’ulteriore lavoro necessario per far fronte alla situazione e dedicarvi un maggior numero di ore.

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