Dossier/ Conflitti, proteste sociali e (in)sicurezza

Ridurre la violenza in tutte le sue forme è un prerequisito fondamentale per la sicurezza umana e uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Oggi, circa 1,2miliardi di persone vivono in aree colpite da conflitti, di cui quasi la metà (560milioni) si trovano in paesi solitamente non considerati fragili. La violenza e la paura della violenza spingono le persone a lasciare le proprie loro case e a cercare rifugio altrove. Il numero di sfollati forzati è in crescita e ha registrato un picco di 82,4milioni nel 2020. Questi alcuni dei dati forniti da ‘New threats to human security in the Anthropocene Demanding greater solidarity’, il nuovo rapporto realizzato da Undp, Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, uscito l’8 febbraio 2022.

In questo dossier si analizza come i conflitti armati e le proteste sociali impattano sulla sicurezza umana.

Le proteste sociali sono aumentate negli ultimi dieci anni (vedi approfondimento 2)
Il collegamento tra i conflitti e l’indice di sviluppo umano (vedi approfondimento 1)

*In copertina Photo by Jonathan Harrison on Unsplash. Di seguito e sopra i grafici del rapporto “New threats to human security in the Anthropocene. Demanding greater solidarity” di Undp.

Alto sviluppo e violenza diffusa

Prima della Pandemia di Covid-19, erano cento i civili uccisi ogni giorno nei conflitti armati e 1.205 le persone vittime di omicidio. La pandemia, secondo il rapporto, sembra aver innescato un aumento della violenza all’interno delle famiglie e la violenza politica. Oggi i livelli di conflitto sono alti e anche se i conflitti sono apparentemente meno mortali che in passato, la violenza si sta diffondendo in tutti i paesi. Più persone si trovano a vivere in conflitti di vario genere e la maggioranza della popolazione mondiale si sente insicura e minacciata dalla violenza.

Se finora guerre, conflitti violenti tra gruppi armati, violenze, criminalità e disordini sono stati considerati come un problema per lo sviluppo, oggi il rapporto Pathways for Peace di Onu e Banca Mondiale ha messo in dubbio questa ipotesi sostenendo che “i conflitti aumentano parallelamente al progresso umano”. Sembra inoltre che i conflitti violenti si diffondano sempre più in Paesi con un alto indice di sviluppo umano (l’indicatore che tiene conto di tre elementi: il livello di salute, il livello di istruzione, il PIL per abitante). Uno dei motivi a guidare questa tendenza (che mette in dubbio relazione meccanicistica sicurezza-sviluppo) il fatto che lo sviluppo non ha portato benefici a tutte le persone e ha invece lasciato indietro molti, prestando massima attenzione alla crescita economica e molto meno a un equo sviluppo umano. Un tipo di sviluppo, quindi, che ha portato a forti e crescenti disuguaglianze, così come a crescenti pressioni sul Pianeta.

Proteste sociali in aumento

Negli ultimi dieci anni le proteste sociali si sono moltiplicate in tutto il mondo, aumentando di dimensioni e frequenza. Secondo le rilevazioni di Undp, la portata delle proteste recenti è sintomo di insicurezza e rivela le profonde spaccature nelle società e il fallimento delle autorità nell’affrontare le preoccupazioni dei cittadini.

Tra il 2009 e il 2019 le proteste antigovernative sono aumentate in media dell’11,5% all’anno, raggiungendo un picco nel 2017 e nel 2019. Nel 2019 quasi un quarto dei residenti di Hong Kong e Santiago del Cile (rispettivamente 2milioni e 1,2milioni di persone) sono scesi in piazza. Il movimento ambientalista Fridays for Future, inoltre, ha registrato oltre 4milioni di presenze in tutto il mondo. Queste proteste vanno di pari passo con il calo di fiducia nei governi e nella democrazia.

Il numero degli eventi di protesta è complessivamente aumentato negli ultimi tre anni, e il più grande aumento si è avuto proprio nei Paesi con un alto indice di sviluppo. A contribuire a questo aumento anche la pandemia di Covid-19.

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