Dossier/ Materie prime critiche (4)

di Rita Cantalino

Oltre a quelli ambientali, l’estrazione di minerali critici comporta una serie di impatti diretti sulla vita di diversi gruppi vulnerabili. Primi tra tutti, spesso, sono i popoli indigeni delle aree su cui insistono progetti. Ma ci sono anche altri gruppi come bambine e bambini, coinvolti nel diffuso sfruttamento minorali del lavoro in miniera. O come le donne, che vedono aggravarsi il quadro di disuguaglianza di genere. Ulteriori impatti riguardano, infine, chi lavora nelle miniere, in condizioni pericolose e di profondo sfruttamento.

Dossier/ Materie prime critiche (1)

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Dossier/ Materie prime critiche (3)

*Foto Shutterstock

Impatti sui popoli indigeni e sui gruppi vulnerabili

Più della metà delle riserve globali di materie prime per la transizione ecologica si trova in terre ancestrali o nei pressi di queste ultime. Installare attività minerarie in questi territori vuol dire minacciare cultura, mezzi di sussistenza e diritti essenziali di chi li abita. Come quello al Consenso Libero, Previo e Informato (FPIC) all’apertura di cantieri e alla realizzazione di progetti, sistematicamente ignorato. Solo nel 2024 sono state registrate formalmente 10 violazioni: in Cile le comunità dell’Atacama hanno denunciato consultazioni inadeguate e un impatto critico dell’estrazione di litio sulle loro risorse idriche. In generale, le comunità locali sono spesso soggette e espropri forzati e compensazioni insufficienti. Tra i gruppi vulnerabili maggiormente colpiti spesso ci sono anche bambine e bambini, come accade per quelli sfruttati nelle miniere di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Sono circa 40.000 i minori coinvolti: sono costretti a lavorare in condizioni di grave pericolo, pagati miseramente, esposti a malattie, abusi e alla negazione del diritto all’istruzione. Ma l’estrazione di minerali critici danneggia anche le donne, acuendo le disuguaglianze di genere e portando danni alla salute, perdita dei mezzi di sussistenza e maggiore vulnerabilità alla violenza.

Impatti su chi lavora

Nei 14 anni tra il 2010 e il 2024 sono stati documentati 225 casi di impatti su lavoratori. 118 le violazioni del diritto alla salute e alla sicurezza; 65 i decessi. Come sempre per il lavoro in miniera, infatti, gli incidenti mortali, spesso per crolli o assenza di dispositivi di protezione, sono molto frequenti. Gran parte del cobalto mondiale viene estratto nella Repubblica Democratica del Congo, dove circa 160.000 persone, inclusi i minori, lavorano in condizioni di grave pericolo, all’interno di miniere artigianali, in cambio di salari miserie e senza alcuna sicurezza, nemmeno sanitaria visto che sono esposte a malattie respiratorie. Quello minerario è un settore in cui i diritti sindacali sono sistematicamente violati: 40 le segnalazioni di limitazione alla libertà di associazione e contrattazione collettiva mappate tra il 2010 e il 2024. I vertici aziendali sono favoriti da normative repressive e mettono in campo licenziamenti e intimidazioni quasi senza alcun argine legale. Accade ad esempio a Panama e in Indonesia. La tutela legale è resa ancora più complessa dalla crescente dipendenza del settore dal lavoro interinale e dai subappalti.

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