Dossier Agenda 2030/ Popolazione che cresce e decresce

Questo dossier fa parte degli approfondimenti dedicati all’Agenda 2030 e analizza il target 1: Sconfiggere la povertà.

a cura di Alice Pistolesi

La popolazione mondiale dovrebbe aumentare di 2 miliardi di persone nei prossimi 30 anni, passando dai 7,7 miliardi del 2019 ai 9,7 miliardi nel 2050. A dirlo è il rapporto delle Nazioni Unite “The World Population Prospects 2019: Highlights”, uscito nel luglio 2019.

Lo studio ha concluso poi che la popolazione mondiale potrebbe raggiungere il suo picco verso la fine del secolo, arrivando a toccare gli 11 miliardi. Nonostante questo la ricerca Onu conferma però anche altri trend: la popolazione mondiale sta invecchiando, l’aspettativa di vita è in aumento e che il livello di fertilità è in calo.

Nella trattazione globale l’aspetto demografico è fondamentale perché i cambiamenti nella dimensione, composizione e distribuzione della popolazione mondiale hanno conseguenze importanti per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, ovvero gli obiettivi concordati a livello globale per migliorare la prosperità economica e il benessere sociale, proteggendo nello stesso tempo l’ambiente.

In questo dossier analizzeremo il rapporto.

L'invecchiamento e il lavoro

Nel complesso la popolazione mondiale sta invecchiando. Entro il 2050, una persona su sei nel mondo avrà più di 65 anni (16%), rispetto a una su 11 nel 2019 (9%). Entro il 2050, una persona su quattro che vive in Europa e nel Nord America potrebbe avere 65 anni o più. Nel 2018, per la prima volta nella storia, le persone di età pari o superiore a 65 anni hanno superato i bambini di età inferiore ai cinque anni a livello globale. Secondo le proiezioni Onu il numero di persone di età pari o superiore a 80 anni dovrebbe triplicare, passando dai 143 milioni del 2019 ai 426 milioni del 2050. La riduzione della percentuale di popolazione in età lavorativa provoca, secondo le Nazioni Unite, rilevanti pressioni sui sistemi di protezione sociale. Il numero di persone in età lavorativa è nettamente inferiore, in tutto il mondo, a quelle di età superiore ai 65 anni.

In Giappone questo rapporto è il più basso al mondo ma anche in altri 29 paesi, principalmente in Europa e nei Caraibi, questa relazione è preoccupante. Entro il 2050, si prevede che saranno 48 i paesi con questo forte squilibrio. Il rapporto Onu rileva che “questi valori sottolineano il potenziale impatto dell’invecchiamento della popolazione sul mercato del lavoro e delle prestazioni economiche, nonché le pressioni fiscali che molti paesi dovranno affrontare nei prossimi decenni nel tentativo di costruire o mantenere sistemi pubblici di assistenza sanitaria, pensioni e protezione sociale per le persone anziane”.

C’è poi un altro risvolto interessante. Il rapporto rileva che in parte dell’Africa sub-sahariana, e in alcune parti dell’Asia, dell’America Latina e dei Caraibi, le riduzioni della fertilità hanno portato la popolazione in età lavorativa (25-64 anni) a crescere più rapidamente rispetto alle altre età, creando un’opportunità per accelerare la crescita economica. Il rapporto conclude poi che “per beneficiare di questo “dividendo demografico”, i governi dovrebbero investire nell’istruzione e nella salute, in particolare per i giovani, e creare condizioni favorevoli alla crescita economica”.

Come incide la migrazione

La migrazione è una componente importante del cambiamento demografico in alcuni paesi. Dal 2010, 27 paesi o aree hanno registrato una riduzione dell’uno per cento o più delle dimensioni della loro popolazione. Questo calo, causato da bassi livelli di fertilità, è rafforzato in alcune località da alti tassi di emigrazione. Tra il 2019 e il 2050 si prevede che le popolazioni diminuiranno dell’uno per cento o più in 55 paesi o aree. Di queste, 26, potrebbero vedere una riduzione di almeno il dieci per cento. In Cina, ad esempio, si prevede che la popolazione diminuirà di 31,4 milioni, pari a circa il 2,2% del totale, tra il 2019 e il 2050. 

Tra il 2010 e il 2020, quattordici paesi o aree vedranno un afflusso netto di oltre un milione di migranti, mentre dieci paesi vedranno un deflusso netto. Alcuni dei maggiori esodi sono determinati dalla domanda di lavoratori migranti (Bangladesh, Nepal e Filippine) ma anche da violenza, insicurezza e conflitti armati (Myanmar, Siria e Venezuela). Bielorussia, Estonia, Germania, Ungheria, Italia, Giappone, Federazione Russa, Serbia e Ucraina subiranno un afflusso netto di migranti nel corso del decennio, che contribuiranno a compensare le perdite di popolazione causate dalla bassa natalità.

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