Dossier/ Popoli e conflitti: i palestinesi

a cura di Alice Pistolesi

  1. Il popolo palestinese e la sua ricerca di autodeterminazione è stato sono tuttora al centro di scenari di conflitto politico, diplomatico e, non ultimo, militare. Dopo aver affrontato alcuni aspetti della difficile vita a Gaza, analizzeremo alcune questioni legate ai palestinesi come popolo, concentrandoci in particolare sugli aspetti più controversi e che ostacolano il diritto all’autodeterminazione.

Da tempo, infatti, la redazione dell’Atlante delle guerre dedica approfondimenti specifici ad alcuni dei popoli tuttora in cerca di autodeterminazione.  A questo link tutte le precedenti uscite

Muro e strada d'apartheid

Il muro che divide i Territori palestinesi occupati è alto 13 metri e lungo 570 chilometri. Parte dal Nord della città palestinese di Tulkarem, costeggia i quartieri palestinesi di Gerusalemme e arriva fino a Sud di Betlemme. Il muro dovrebbe seguire grossomodo la linea di separazione tra Israele e Cisgiordania, denominata Linea Verde e che segna le frontiere stabilite prima alla guerra dei sei giorni del 1967.

La costruzione della separazione risale al periodo successivo alla prima Intifada del 1987 e la firma degli accordi di Oslo nel 1993. La Cisgiordania venne infatti divisa in tre aree amministrative: l’area A, sotto controllo palestinese (18 per cento del territorio), l’area B, a controllo misto (21 per cento) e l’area C, controllata da Israele (60 per cento). La maggioranza della popolazione palestinese vive nelle zone A e B, mentre l’area C è quella che comprende la maggior parte dei terreni agricoli, delle risorse naturali.

Il muro di separazione tra Israele e i Territori Palestinesi è stato condannato  dalla Corte Internazionale di Giustizia che nel luglio del 2004 lo ha definito illegale e un ostacolo al diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Di contropartita Israele si appella alla legittima difesa secondo quanto disciplinato dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Nel gennaio 2019 è stata poi inaugurata in Israele, la Route 4370, già ribattezzata come “la strada dell’apartheid”. Il guardrail che la divide è un muro alto otto metri e separa autisti israeliani da guidatori palestinesi. La tangenziale 4370 – lunga circa 5 chilometri – passa nelle vicinanze della città-colonia di Maale Adumim, situata fra Gerusalemme e Gerico e facilita l’ingresso a Gerusalemme per gli israeliani che abitano negli insediamenti situati a Sud di Ramallah e viceversa. Per tutto il loro percorso affiancato, le due strade separate dal muro, sono sovrastate anche da un anello di filo spinato.

Colonie d'Israele

La diffusione delle colonie israeliane nel territorio palestinese è sempre più evidente. Secondo dati raccolti dall’Istituto Israeliano di Statistica (Pcbs), il governo israeliano e l’associazione israeliana B’Tselem, i coloni residenti in Cisgiordania sono 400mila, 300mila quelli a Gerusalemme, per un totale di 700mila persone.

In previsione c’è poi la costruzione di 430 unità abitative per coloni in Cisgiordania che rientrerà nel piano di realizzazione di 1.350 camere d’albergo, approvato nel 2010, tra le colonie di Ma’ale Adumim e Mishor Adumim. Inoltre, secondo il quotdiano Haaretz, il governo israeliano ha confiscato 3.740 dunam di terre (un dunam è pari a mille metri quadrati) in Cisgiordania per espandere quattro colonie già esistenti, tra Gerico e Gerusalemme, Kedumim, Vered Yericho, Neveh Tzuf e Emanuel.

Nel corso del 2018 si è registrato l’aumento delle attività coloniali, con l’approvazione della costruzione di 9.384 nuove unità abitative e la creazione di nove nuovi avamposti di insediamento. Secondo il rapporto del Pcbs, nel 2018 sono stati sradicati 7.122 alberi, raggiungendo quindi oltre un milione di alberi distrutti dalle forze occupanti tra il 2000 ed il 2019.

Secondo dati pubblicati da Haaretz la crescita demografica per i residenti nelle colonie nei Territori Occupati è di circa il 5.5 per cento, mentre è dell’1.7 per cento per gli israeliani residenti nello Stato di Israele. Dal 1987, infatti, il numero dei coloni tra Gerusalemme e Cisgiordania è triplicato. Ma per la politica israeliana sono ancora pochi. Da recenti interventi governativi pare che l’obiettivo per i prossimi cinque anni sia arrivare a 600mila coloni solo in Cisgiordania, ovvero 200mila in più degli attuali.

Alla fine del 2018 Airbnb, il portale online che mette in contatto persone in cerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi, dopo le pressioni di varie organizzazioni, ha annunciato che non avrebbe più pubblicato tra le sue offerte le proprietà situate negli insediamenti edificati in Cisgiordania sulla terra palestinese occupata. La decisione fu accolta con soddisfazione dai Palestinesi e dalle organizzazioni per i diritti umani. Nel dicembre 2018 un gruppo di coloni israeliani ha citato Airbnb in un tribunale degli Stati Uniti denunciando discriminazioni.

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