Dossier/ Auto elettriche: scelte politiche e materie prime

Il mercato delle auto elettriche è in espansione e le scelte politiche (in Europa ma non solo) tendono sempre più a favorirne la produzione e la diffusione. Ma si tratta di una scelta davvero green? Il 20% delle nostre emissioni di CO2 proviene dai trasporti, il 28% dall’industria: le auto elettriche aiutano a ridurre le emissioni dal traffico stradale, ma non sono affatto neutrali in termini di produzione di anidride carbonica, dal momento che l’estrazione mineraria rappresenta fino all’11% del consumo globale di energia e la produzione di auto elettriche è fortemente energivora.

Per produrre le batterie per auto elettriche servono svariate quantità di materiali, alcune appartenenti alla categoria delle terre rare. In questo dossier analizziamo alcune delle esternalità negative ambientali e sociali prodotte dalle materie prime nei territori di estrazioni e alcuni approfondimenti sulle scelte politiche e sullo stato del mercato delle auto elettriche.

*Foto di Scharfsinn su Shutterstock, di seguito foto di asharkyu su Shutterstock

La scelta europea

Nel febbraio 2023 il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva i nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni di CO2 di autovetture di nuova produzione. Con 340 voti favorevoli, 279 voti contrari e 21 astensioni, i deputati europei hanno approvato l’accordo raggiunto con il Consiglio che prevede l’obbligo per nuove autovetture e nuovi veicoli commerciali leggeri di non produrre alcuna emissione di CO2 dal 2035. Obiettivo: ridurre del 100% le emissioni di questi veicoli rispetto al 2021, e, come obiettivo intermedio, del 55% per le autovetture e del 50% per i furgoni entro il 2030.

Entro il 2025, la Commissione presenterà una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato dell’Ue. E ancora. Entro dicembre 2026, la Commissione monitorerà il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante ed energia e presenterà una metodologia per l’adeguamento delle emissioni di CO2 specifiche per i costruttori. Si prevede un’esenzione totale per chi produce meno di 1.000 nuovi veicoli l’anno. Dal 2025 al 2029, il fattore di riferimento di incentivazione di veicoli a zero e a basse emissioni è stato fissato al 25% per le vendite di nuove autovetture e al 17% per i nuovi furgoni.

“La normativa – ha dichiarato il relatore Jan Huitema (eurodeputato del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia )- incentiva la produzione di veicoli a basse e a zero emissioni. Inoltre, contiene un’ambiziosa revisione degli obiettivi per il 2030 e l’obiettivo emissioni zero per il 2035, cruciale per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Questi obiettivi offriranno chiarezza per l’industria automobilistica e stimoleranno l’innovazione e gli investimenti dei costruttori. Acquistare e guidare autovetture a emissioni zero diventerà meno oneroso per i consumatori e porterà a un rapido sviluppo del mercato di seconda mano. Guidare in modo sostenibile diventerà accessibile a tutti”.

Cosa provoca l'estrazione di nichel e bauxite

Il nichel è uno degli elementi necessari per le auto elettriche. Lo sa bene Elon Musk, che rivolgendosi all’industria mineraria, già nel 2020 aveva detto: “Ovunque siate nel mondo, per favore, estraete più nichel”. L’Indonesia è al primo posto tra i produttori di nichel (seguito da Filippine, Russia, Nuova Caledonia e Australia) e le sue riserve si trovano principalmente a Sulawesi e nelle Molucche. Da gennaio 2020, l’Indonesia ha vietato l’esportazione di nichel per organizzare la propria industria. Più di 30 impianti per la produzione di acciaio al nichel, di nichel per batterie e fabbriche di batterie proprie sono in costruzione o in progettazione. A farne le spese è l’ambiente. Secondo l’organizzazione Salviamo le Foreste e Jatam, nell’area in cui è sorta la prima fonderia di nichel intere distese di mangrovie sono sparite, i campi sono stati distrutti e ci sono continue frane e inondazioni. E anche pescare è diventato quasi impossibile. Secondo l’organizzazione, quindi, il nichel per le auto elettriche significa “deforestazione per le foreste pluviali, distruzione degli habitat marini e un incubo per le popolazioni della Regione”.

Altro elemento fondamentale è la bauxite. La Guinea ha il 27% delle riserve mondiali, nonostante sia uno dei Paesi più poveri del mondo. Le sue riserve sono più grandi di quelli dell’Australia, che ad oggi è il primo produttore di bauxite al mondo (Us Geological Survey, 2021).

Secondo l’articolo dal titoloImpatto socio-ambientale delle attività minerarie in Guinea: il caso dell’estrazione di bauxite nella regione di Boké’ pubblicato sulla rivista ScienceDirect i principali impatti ambientali causati dalla catena di approvvigionamento minerario della bauxite sono legati all’inquinamento delle acque e al degrado del suolo. La regione di Boké, nota per i suoi ricchi depositi di bauxite, è un caso eloquente per illustrare questo problema. 

Il consumo di bauxite è in aumento secondo il Mineral Commodity Summaries 2021 dell’US Geological Survey, la quantità riportata di bauxite consumata nel 2020 è stata stimata in 4milioni di tonnellate, poco più rispetto al 2019, con un valore stimato di circa 110milioni di dollari. Oggi, in molti Paesi come la Cina, i piani di gestione si concentrano sulla rivegetazione e la bonifica delle aree un tempo occupate da depositi di residui di bauxite, per ridurre il rischio ambientale a lungo termine e infine rigenerare un ecosistema quasi naturale, ma questo non è ancora il caso della Guinea.

Nonostante il fatto che la Guinea abbia implementato riforme rispetto all’ambiente, come l’Azione Nazionale per l’Ambiente o il Code de l’Environnement pubblicato il 4 luglio 2019 l’instabilità politica e la corruzione hanno un impatto negativo sulla performance sostenibile del Paese. 

La miniera di bauxite a Sangarédi, ad esempio, prevede la concessione di 690 chilometri quadrati di miniera di cui risentono le popolazioni di 13 villaggi. Migliaia di persone hanno dovuto lasciare le loro case, mentre l’enorme miniera a cielo aperto sta anche distruggendo la foresta vergine e l’habitat degli scimpanzé e degli uistitì rossi.

I piccoli agricoltori sono stati costretti a vivere in un insediamento costruito in modo approssimativo sul sito minerario. Senza futuro, perché l’agricoltura non può essere praticata sui resti contaminati e sterili della miniera di bauxite e sono anni che aspettano un risarcimento per la terra e le fonti d’acqua perdute. “L’attività mineraria, finora, non ha servito gli interessi dei cittadini della Guinea”, si lamentava nel 2020 il direttore delle relazioni sociali del Ministero delle Miniere. “In Guinea, abbiamo molta ricchezza nel sottosuolo, ma il Paese è rimasto povero”.

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